Circa 2/3 delle morti per patologie cardiache si potrebbero evitare con una dieta sana: uno studio

In occasione del World Food Day 2020, che cade il 16 di Ottobre di ogni anno e che rappresenta l’anniversario della fondazione della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), un gruppo di ricercatori provenienti da diverse università del mondo (Cina, Israele, USA e Canada) ha presentato un report basato sui dati del Global Burden of Disease Study del 2017, il rapporto globale sullo stato di salute del mondo.

I dati raccolti hanno permesso di capire che se si riuscisse ad ottenere un generale miglioramento della dieta a livello globale si riuscirebbero ad evitare circa sei milioni di morti ogni anno!

Pare infatti che più di due terzi dei decessi attribuibili a malattie cardiache potrebbero essere scongiurati se ci si limitasse ad evitare di consumare eccessive quantità di junk-food ultra-processato e, in generale, a mangiare meglio: pressione sanguigna elevata, colesterolo alto e dieta sbagliata sono infatti fra le principali cause di morte per infarti, angine e patologie coronariche.

Nel 2017 nel mondo c’erano 126,5 milioni di persone con una storia clinica di malattie cardiache alle spalle, nello stesso anno inoltre si sono verificati 10,6 milioni nuovi casi con circa 8,9 milioni di decessi, che hanno rappresentato il 16% delle morti totali di quell’anno, contro il 12,6% del 1990.

Per effettuare una valutazione il più accurata possibile i ricercatori hanno preso in considerazione 11 principali fattori di rischio per patologie cardiache fra cui: la dieta, il colesterolo totale elevato, LDL alte (il cosiddetto “colesterolo cattivo”), alti livelli di glucosio nel sangue (glicemia alta), fumo, consumo di alcolici ed elevato indice di massa corporea e hanno calcolato quante morti si sarebbero potute evitare se fossero state eliminate ognuna di queste cause.

È risultato che il 69,2% delle morti si sarebbe potuto evitare anche solo adottando un regime alimentare sano e bilanciato, lasciando inalterate tutte le altre variabili.

Infatti, la diminuzione della mortalità per patologie cardiovascolari sarebbe scesa del 54,4% se la pressione fosse mantenuta tra i 110 e i 115 mmHg, del 41,9% i livelli di LDL fosse entro i limiti, del 25,5% se la glicemia rimanesse entro i limiti e del 18,3% (nelle donne) se l’indice di massa corporea si fosse mantenuto tra 20 e 25.

I risultati suggeriscono quindi che le cardiopatie ischemiche siano ancora una delle principali sfide per la salute pubblica in tutto il mondo e che sia assolutamente necessario attuare interventi efficaci per affrontare i fattori di rischio modificabili, in particolare in quelle aree geografiche con carichi elevati o in aumento: bisogna ideare programmi che tengano conto delle criticità specifiche di ogni paese, della disponibilità di cibo e risorse di ogni stato, stimolando al tempo stesso tutti a una vita più sana con meno alcol, meno fumo e più attività fisica.

Xinyao Liu della Central South University di Changsha, una delle autrici dello studio, ha detto che: “si dovrebbero assumere tra i 200 e i 300 mg di acidi grassi omega-3 provenienti da pesce ogni giorno, tra i 200 e i 300 g di frutta e tra i 290 e i 430 g di verdure fresche, tra i 16 e i 25 g di frutta secca e tra i 100 e i 150 g di cereali integrali. Ciò significa che dovremmo ridurre drasticamente le bevande dolci, i grassi saturi e quelli trans, gli zuccheri e il sale aggiunti, evitando gli alimenti processati, pieni di tutte queste cose”.

 

Fonti e approfondimenti:

Haijiang Dai, Arsalan Abu Much, Elad Maor, Elad Asher, Arwa Younis, Yawen Xu, Yao Lu, Xinyao Liu, Jingxian Shu, Nicola Luigi Bragazzi, Global, regional, and national burden of ischaemic heart disease and its attributable risk factors, 1990–2017: results from the Global Burden of Disease Study 2017, European Heart Journal – Quality of Care and Clinical Outcomes, qcaa076, https://doi.org/10.1093/ehjqcco/qcaa076

http://www.fao.org/world-food-day/theme/it/

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