
Uno studio francese iniziato nel 2009 e seguito fino al 2017 ha portato alla luce la relazione fra consumo di alimenti industriali ultra-trasformati e l’aumento del rischio di mortalità.
Per alimenti ultra-trasformati si intendono quei cibi “caratterizzati da formulazioni pronte per il consumo o per il riscaldamento a base di ingredienti generalmente combinati con additivi” spesso ricchi di sale e zuccheri e poveri di vitamine, minerali e fibre.
Si tratta di uno studio di coorte prospettico osservazionale, questo significa che un gruppo di soggetti è stato seguito e controllato per i (circa) 7 anni di durata dello studio. La coorte era costituita da soggetti di 45 o più anni, selezionati fra quelli che hanno preso parte al progetto NutriNet-Santé. In totale hanno partecipato circa 44mila persone, di cui il 73,1% erano donne, con un’età media di circa 57 anni.
Durante il periodo in esame, ogni anno, i soggetti potevano compilare (in maniera non obbligatoria) i seguenti 5 questionari online:
- Questionario alimentare (3 diari alimentari basati su giornate estratte a sorte)
- Questionario sullo stato di salute
- Questionario antropometrico
- Questionario sul livello di attività fisica
- Questionario socio-demografico e sullo stile di vita
A completamento dei 7 anni di follow-up sono stati presi in considerazione solo i soggetti che avessero completato almeno 1 dei 3 diari alimentari giornalieri richiesti per i primi 2 anni di osservazione.
Dai dati è emerso che gli alimenti ultra-processati rappresentavano circa il 14,4% del quantitativo totale del cibo consumato giornalmente, corrispondente al 29,1% dell’apporto energetico totale.
Durante il corso dello studio ci sono state 602 morti principalmente a causa di neoplasie e patologie cardiovascolari.
Alla fine del follow-up è risultato che un aumento del 10% del consumo nella propria alimentazione di cibi industriali (fra cui rientrano noodles istantanei, zuppe liofilizzate, crocchette di pollo, bibite, snack e barrette di cioccolata, cereali per la colazione e molti altri) era associato ad un incremento di circa il 14% del rischio di mortalità per tutte le cause.
Nonostante questo risultato la co-autrice Mathilde Touvier, direttrice del centro di ricerca francese per la salute pubblica, ha sottolineato la necessità di non creare allarmismi. Lo studio infatti si conclude dicendo che “sono necessari ulteriori studi prospettici per confermare questi risultati e per districare i vari meccanismi attraverso i quali i cibi ultra-processati possono influire sulla salute”.
È evidente che questi risultati siano alquanto preoccupanti, ma come per qualsiasi ambito, in particolare quello dell’alimentazione, vige la regola del buon senso e della modica quantità: è ovvio che il consumo saltuario/occasionale di cibi pronti ed industriali non porti ad un aumento del 14% del rischio di mortalità, diverso è invece quando questi alimenti vanno a costituire la parte predominante della dieta quotidiana.
È fondamentale fare luce sull’argomento: spesso infatti chi sceglie di alimentarsi prevalentemente con prodotti industriali ultra-trasformati lo fa per questioni di prezzo (gli alimenti industriali di scarsa qualità e scarso contenuto di nutrienti utili hanno costi generalmente inferiori rispetto ai prodotti freschi e di qualità), di gusto (i prodotti trasformati sono quasi sempre ricchi di sale, zuccheri e aromatizzanti il cui scopo è quello di aumentare la sapidità del prodotto) e/o per mancanza di tempo e voglia di cucinare, questo a discapito del valore nutrizionale di un alimento, dell’importanza di una dieta sana e bilanciata e, di conseguenza, della propria salute.
L’obiettivo di Euro Company è quello di garantire ai propri consumatori prodotti di qualità, poco trasformati, senza additivi ne conservanti e provenienti da filiere etiche e controllate.
Fonti e approfondimenti:
https://www.etude-nutrinet-sante.fr/
Schnabel L, Kesse-Guyot E, Allès B, et al. Association Between Ultraprocessed Food Consumption and Risk of Mortality Among Middle-aged Adults in France. JAMA Intern Med. Published online February 11, 2019. doi:10.1001/jamainternmed.2018.7289 – https://jamanetwork.com/journals/jamainternalmedicine/article-abstract/2723626