
Ogni anno nel mondo vengono sprecate circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, di cui l’80% ancora commestibile.
Lo spreco alimentare viene definito dalla Commissione Europea come:
“L’insieme dei prodotti scartati dalla catena agroalimentare, che – per ragioni economiche, estetiche o per la prossimità della scadenza di consumo, seppure ancora commestibili e quindi potenzialmente destinati al consumo umano – sono destinati ad essere eliminati o smaltiti”.
Complessivamente circa 1/3 della produzione mondiale di cibo destinato al consumo umano viene cestinato e solo nei paesi industrializzati lo spreco annuo di cibo è di circa 200 milioni di tonnellate (90 milioni solo in Europa).
A rendere inaccettabili queste cifre è il fatto che nel mondo, soprattutto nei paesi sottosviluppati, sono milioni le persone che soffrono la fame: tutto il cibo che viene gettato, infatti, sarebbe più che sufficiente per sfamare circa 2 miliardi di persone.
Come se non bastasse questo enorme spreco ha dei costi monetari non indifferenti: ogni anno infatti lo spreco alimentare costa al mondo 1.000 miliardi di dollari, che salgono a 2.600 miliardi se si considerano anche tutti i cosiddetti “costi nascosti” (ad esempio acqua e impatto ambientale).
Il rapporto Waste Watcher (dati 2015) ha quantificato l’impatto che le diverse fasi di produzione, vendita e consumo dei prodotti alimentari hanno sullo spreco a livello nazionale:
- il 32% del cibo si perde nella fase di produzione (fasi di coltivazione o allevamento della materia prima)
- il 22% si spreca nelle fasi successive alla raccolta e nello stoccaggio
- l’11% va perso durante la lavorazione industriale (trasformazione, scarto e invenduto)
- il 22% è lo spreco domestico
- il 13% si spreca durante la distribuzione e nella ristorazione
Com’è possibile notare la maggior parte degli alimenti viene persa già durante le prime fasi produttive, ma nonostante questo lo spreco domestico ha comunque un peso decisamente rilevante sul bilancio finale.
Secondo l’Osservatorio sugli sprechi in Italia la maggior parte dei prodotti che ogni giorno finiscono nelle pattumiere degli italiani sono latticini (32%), carne (30%), uova (29%), pane (28%), frutta e verdura (17%) e pesce (15%).
Esiste una lista di 10 linee guida rilasciate dal Ministero della Salute che, qualora venissero applicate in maniera sistematica da tutta la popolazione nazionale, contribuirebbero alla limitazione degli sprechi almeno a livello domestico:
- Prima di recarsi a fare la spesa è bene pianificare i pasti della settimana e controllare gli ingredienti che già si possiedono in casa in modo da comprare solo ciò che è effettivamente necessario;
- Meglio evitare di andare a fare la spesa quando si è affamati perché è facile eccedere con gli acquisti;
- Importante non farsi prendere eccessivamente la mano dalle offerte;
- Leggere attentamente l’etichetta per essere sicuri di acquistare prodotti di qualità e per capirne la modalità di conservazione;
- Assicurarsi di applicare la giusta modalità di conservazione e, se la confezione del prodotto non è richiudibile, è bene utilizzare contenitori ermetici;
- Distribuire gli alimenti nel frigorifero in base alla data di scadenza posizionando i prodotti acquistate più di recente sul fondo e dando la precedenza a quelli più “vecchi”;
- Conoscere la differenza fra “data di scadenza” (data oltre la quale il prodotto non dovrebbe più essere mangiato) e “termine minimo di conservazione” (data oltre la quale il prodotto potrebbe aver subito qualche modifica dal punto di vista organolettico, ma può ancora essere consumato);
- Tenere sempre frutta e verdura in vista in modo da ricordarsi di consumarla;
- Preferire porzioni piccole in modo da poter utilizzare più alimenti contemporaneamente e impiegare gli avanzi per fare nuove ricette;
- Monitorare i rifiuti e valutare cosa ricomprare e in quale quantità: se ad esempio ci si rende conto di buttare ogni giorno della frutta o della verdura questo può aiutare a capire quanta acquistarne alla spesa successiva.
Rispettare il cibo, attribuirgli il giusto valore in un senso culturale ancor prima che economico, è un aspetto chiave se si vuole vincere la battaglia contro lo spreco.
Fonti e approfondimenti: