
Secondo uno studio condotto da 130 ricercatori e pubblicato sulla rivista inglese The Lancet il 20% (1/5) dei decessi dovuti a patologie cardiovascolari, diabete e tumori sarebbero da imputare alla cattiva alimentazione.
Lo studio ha preso in considerazione 15 fattori di rischio dietetici significativi che possono incidere sullo stato di salute: basso consumo di frutta, verdura, legumi, cereali integrali, frutta secca e semi oleosi, latte, fibre, calcio, omega-3 derivati dal pesce, acidi grassi polinsaturi e alto consumo di carne rossa, carni processate, bevande zuccherate, acidi grassi trans e sale. I dati sono stati raccolti in 195 paesi, tra il 1990 e il 2017, ed hanno quantificato l’impatto di una dieta squilibrata sul tasso di mortalità e sull’insorgenza di malattie non trasmissibili. In alcuni casi c’era una grande variabilità nei dati e nei consumi dei diversi tipi di alimenti oppure la quantità di dati disponibili per alcuni paesi erano insufficienti, ma in linea generale si è visto che il maggior numero di decessi era associato ad una dieta povera di frutta e cereali integrali e ricca di sodio.
Nel 2017 sono stati stimati 11 milioni di decessi associati ad una dieta con troppo sale e troppi pochi prodotti di origine vegetale, di cui la quasi totalità (9,5 milioni) dei decessi è stata causata da patologie cardiovascolari. Un altro dato interessante è che, nonostante le considerevoli differenze, nessun paese applica in maniera ottimale tutti e 15 gli elementi dietetici presi in considerazione dallo studio.
In linea generale si è visto che, nel 2017, il consumo di quasi tutti gli alimenti sani è risultato ben al di sotto delle dosi raccomandate, soprattutto per quanto riguarda frutta secca e semi, cereali integrali e latte, mentre il consumo di alimenti e nutrienti non salubri è risultato molto superiore rispetto alle quantità consigliate soprattutto per quanto riguarda carni lavorate, bevande zuccherate e sodio/sale. L’assunzione di cibi (sia quelli sani che malsani) è più alta tra gli adulti di mezza età (50-69 anni) e più bassa invece tra i giovani adulti (25-49 anni).
Di tutti i paesi presi in considerazione il più virtuoso è sicuramente lo stato di Israele dove i decessi annui associati ad un regime alimentare scorretto erano 89 su 100’000, seguito da Francia (89,1) e Spagna (89,5). Record negativo invece per l’Uzbekistan dove 892 decessi annui sui 100’000 sono da ricondursi ad una dieta sbagliata, seguito dall’Egitto (552 su 100’000). L’Italia si posiziona fra i paesi virtuosi con 107,7 decessi su 100’000, ma rimane comunque sotto a Francia e Spagna nonostante il bel-paese sia considerato la culla della Dieta Mediterranea ed entrambi gli altri paesi seguano un regime alimentare simile al nostro.
Questo studio è in un certo senso rivoluzionario perché adotta un metodo comunicativo differente dal solito: i ricercatori sostengono infatti che per migliorare la dieta della popolazione a livello globale sia più utile stimolare le persone ad aumentare il consumo di cibi più sani piuttosto che concentrare gli sforzi sulla riduzione del consumo di grassi e zuccheri correlati alla malattia.
I risultati sottolineano inoltre l’importanza del coinvolgimento delle politiche nazionali per quanto concerne produzione, distribuzione e consumo di cibo:
- La disponibilità di frutta, verdura e alimenti freschi va aumentata, specialmente nei paesi a basso reddito,
- Le grandi aziende alimentari devono essere costrette, tramite l’introduzione di tassazioni sugli alimenti meno salutari, ad immettere sul mercato prodotti più sani,
- Gli specialisti del settore (medici, nutrizionisti, dietisti, ecc.) e i mass media dovrebbero essere incoraggiati a parlare dell’importanza di una buona e sana alimentazione con la popolazione.
Lo studio ha sicuramente alcune limitazioni dovute alla disponibilità di dati, soprattutto nei paesi più poveri, ma il messaggio è chiaro ed evidente:
La dieta, nel complesso, è in grado di incidere sulla nostra salute più dell’ipertensione e del fumo di sigaretta ed è quindi importante promuovere un’alimentazione sana e permettere anche ai paesi che oggi non ne beneficiano di poter accedere a cibo fresco, sano e di qualità.
Fonti e approfondimenti:
https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(19)30041-8/fulltext
https://www.nytimes.com/2019/04/03/science/diet-vegetables.html