Cibi ultra-processati, diabete e insonnia: un consumo eccessivo incide negativamente sulla salute, come “difendersi”

In un’epoca in cui la mancanza di tempo rende il fare la spesa e il cucinare imprese quasi impossibili per buona parte delle persone, gli alimenti ultra-processati e preconfezionati sembrano rappresentare la soluzione ideale per risolvere il problema: poca spesa e molta resa.

Gli alimenti ultra-trasformati, cioè tutti quei prodotti industriali lavorati e confezionati caratterizzati da lunghissimi tempi di conservazione, con liste di ingredienti costituite da cinque o più elementi (tra cui grassi, zuccheri, stabilizzanti, conservanti e additivi), sono pratici, veloci da preparare, economici e, di conseguenza, molto diffusi nelle diete occidentali.

Quello che la maggior parte dei consumatori non tiene in considerazione è che quasi mai “molto economico” e “salutare” sono aspetti che viaggiano in parallelo, soprattutto quando si parla di alimentazione, e a farne le spese è la nostra salute.

Nell’elenco degli alimenti considerati “ultra-processati” figurano prodotti appartenenti alle più disparate categorie merceologiche: bevande gassate e bibite, succhi di frutta con zuccheri aggiunti, snack dolci e salati, gelati confezionati, caramelle, prodotti da forno industriali (biscotti, pane in cassetta, torte, ecc.), cereali da colazione, margarine, prodotti a base di carni ricostruite (ad esempio würstel e crocchette di pollo) o di pesce (bastoncini di pesce), zuppe in scatola e molti altri.

Negli ultimi anni un elevato consumo di questo tipo di prodotti è stato spesso associato ad un aumento del rischio di mortalità per qualsiasi causa e all’aumento del rischio di insorgenza di malattie croniche fra cui alcune forme di cancro, malattie cardiovascolari, ipertensione e dislipidemie.

Molti sono gli studi pubblicati su prestigiose riviste scientifiche che trattano questo aspetto, fra gli ultimi uno studio prospettico sul rischio di insorgenza di diabete di tipo 2 associato al consumo di alimenti ultra-trasformati pubblicato nel mese di dicembre sul JAMA Internal Medicine:

In questo studio sono stati coinvolti 104.707 partecipanti. I dati sulle abitudini alimentari sono stati raccolti compilando dei registri dietetici ripetuti su 24 ore, progettati per monitorare il consumo abituale di oltre 3.500 alimenti diversi. Tramite il sistema NOVA (un sistema di classificazione validato sviluppato dall’Università di San Paolo in Brasile) i diversi alimenti sono stati catalogati in base al loro livello di elaborazione. Si è visto che mediamente la dieta di tutti i partecipanti era costituita per circa il 17% da alimenti ultra-trasformati. Alla fine del periodo di osservazione si è visto come ad un aumento del 10% del consumo di alimenti ultra-trasformati, corrispondeva un aumento del 15% del rischio di insorgenza di diabete.

Un altro studio pubblicato sul Journal of Clinical Nutrition ha analizzato l’associazione fra il consumo di alimenti ultra-processati, ricchi di amidi raffinati e zuccheri aggiunti (quindi ad alto indice glicemico) con l’incidenza di insonnia in oltre 50 mila donne in menopausa: lo studio partiva dall’ipotesi che un aumento del carico glicemico a livello gastrointestinale corrispondeva una maggiore probabilità di soffrire di insonnia. Alla fine dello studio è risultato che effettivamente i soggetti che consumavano abitualmente più amidi raffinati e zuccheri aggiunti soffrivano più spesso di insonnia, mentre quelli che avevano una dieta costituita prevalentemente da alimenti semplici, naturali, ricchi di fibre e poco processati godevano di una qualità del sonno nettamente superiore.

Questi due recenti studi non fanno altro che confermare quello che era già noto: il consumo abituale ed eccessivo di alimenti industriali ultra-trasformati è dannoso.

Il motivo di questo impatto negativo è dovuto al fatto che in generale i cibi ultra-processati sono allo stesso tempo molto calorici e poveri di fibre, micronutrienti e fitocomposti, hanno un elevato indice glicemico e sono ricchissimi di grassi alimentari, zuccheri aggiunti, sale, aromi ed esaltatori di sapidità.

Il loro consumo incide su moltissimi aspetti della nostra salute, anche quelli meno noti ed evidenti, inoltre spesso questi cibi innescano il principio di food addiction (circuito di dipendenza innescato da alimenti altamente appetibili) e consumo compulsivo (binge eating) e questo avviene già a partire dall’età pediatrica che rappresenta la fascia di età maggiormente sedotta dal fascino e dal gusto di questo tipo di alimenti.

Come fare ad evitare di incorrere in questi problemi?

Bisogna riappropriarsi di un’alimentazione vera.

Quando la quantità di tempo a disposizione lo permette è preferibile acquistare alimenti “naturali”, crudi e freschi cucinandoli e assemblandoli tenendo in considerazione che:

  • I pasti devono essere bilanciati;
  • Le porzioni devono essere calcolate in base al sesso, allo stile di vita e al livello di attività fisica svolto;
  • Bisogna fare attenzione ai condimenti (sale, zucchero, olio, ecc.) e riscoprire le spezie che non aggiungono calorie e allo stesso tempo danno gusto ai piatti;
  • I pasti devono contenere tutti i macro- e micro-nutrienti fondamentali: carboidrati, grassi, proteine, fibre, vitamine e sali minerali.

Quando il tempo scarseggia e si sceglie di ricorrere ad alimenti preconfezionati è buona norma leggere attentamente le etichette nutrizionali.

Esistono infatti in commercio prodotti trasformati e confezionati di buona qualità e che possono essere inseriti all’interno di un regime alimentare bilanciato, sono i cosiddetti cibi minimamente trasformati (come ad esempio la lattuga in busta, le verdure già tagliate, minestroni e verdure surgelate, alcuni prodotti in scatola, ecc.).

Per riuscire ad orientarsi in questo mondo l’unico modo è assicurarsi che quello che si sta scegliendo di acquistare non sia solo gustoso e veloce da preparare, ma che contenga al suo interno solo ingredienti che riusciamo a riconoscere, che abbia un basso contenuto di zuccheri semplici e sale, che non contenga esaltatori di sapidità che spesso vengono aggiunti per dare sapore a prodotti in generale “poveri”, che gli oli aggiunti siano di buona qualità e in quantità moderate e, non meno importante, leggere attentamente le indicazioni per lo smaltimento differenziato degli imballaggi e delle confezioni.

I cibi trasformati fanno parte della nostra vita sempre più frenetica e di corsa, la cosa importante è saper scegliere.

 

Fonti e approfondimenti:

https://jamanetwork.com/journals/jamainternalmedicine/article-abstract/2757497

https://academic.oup.com/ajcn/advance-article-abstract/doi/10.1093/ajcn/nqz275/5673520?redirectedFrom=fulltext

http://blog.lalvearechedicesi.it/2018/10/11/cibi-processati-cosa-sono-e-perche-evitarli/

https://ilfattoalimentare.it/alimenti-ultra-trasformati-diabete-insonnia.html

www.greatitalianfoodtrade.it/sicurezza/alimenti-ultra-processati-e-dipendenza-da-cibo-studio-scientifico

www.scienzemotorie.com/cibi-trasformati-conoscerli-e-saperli-utilizzare/

Cosa si intende per alimenti funzionali naturali?

Molto spesso sentiamo parlare di alimenti funzionali. Ma cosa si intende per alimento funzionale?

Gli alimenti funzionali sono alimenti che oltre ad avere proprietà nutrizionali basiche, dimostrano proprietà benefiche e protettive per l’organismo e pertanto è bene inserirli nell’alimentazione quotidiana in maniera equilibrata.

Nel 1999 sul British Journal of Nutrition alcuni studiosi hanno affermato che:

Un alimento può essere considerato ‘funzionale’, se è sufficientemente dimostrata la sua influenza benefica su una o più funzioni del corpo, oltre ad effetti nutrizionali adeguati, tanto da risultare rilevante per uno stato di benessere e di salute o per la riduzione del rischio di una malattia. 

Gli effetti benefici potrebbero consistere sia nel mantenimento che nella promozione di uno stato di benessere o salute e/o in una riduzione del rischio di un processo patologico o di una malattia“.

Rispetto agli alimenti tradizionali infatti, questo tipo di alimenti contengono componenti fondamentali in grado di avere effetti del tutto positivi.

Vanno però distinti (e non confusi) dagli alimenti supplementari e/o fortificati e da quelli definiti dietetici che non sono destinati a soggetti sani ma a persone con particolari patologie sotto indicazione medica specifica.

Nel 1991 inoltre, il Ministero della Salute e del Welfare giapponese ha stabilito i criteri per l’identificazione e approvazione di una specifica categoria di alimenti, chiamata FOSHU (Food for Specified Health Uses) regolamentandone anche l’etichettatura nutrizionale. 

In Giappone gli alimenti funzionali tradizionali sono considerati come una categoria separata di alimenti, in Europa invece, quando si parla di alimento funzionale significa aggiungere funzionalità a un prodotto tradizionale già esistente in quanto manca una legislazione specifica su questa categoria di alimenti e sulla sua etichettatura.

Sono state individuate due categorie di alimenti funzionali:

  • Tipo A: alimenti che migliorano una specifica funzione fisiologica al di là del loro specifico ruolo nella crescita corporea e nello sviluppo e non hanno funzioni in malattie o stati patologici;
  • Tipo B: alimenti che riducono il rischio di una malattia.

Tra i vari alimenti funzionali possiamo ricordare la frutta secca come ad esempio le noci. Esse sono ricche di acidi grassi insaturi e contribuiscono così al mantenimento di livelli normali di colesterolo nel sangue. Infatti, in 100 g di noci ci sono circa 60 g di acidi grassi insaturi.

Secondo i LARN, il quantitativo raccomandabile giornaliero di frutta secca è pari a 30 g.

La combinazione tra noci e yogurt in questo caso può rivelarsi un’ottima alternativa per una buona colazione in un regime dietetico vario in quanto prevede l’unione di probiotici (microrganismi vivi con impatto benefico sull’ospite tramite una azione benefica sul tratto intestinale) ed acidi grassi insaturi, nutrienti fondamentali per una corretta alimentazione.

Dott.ssa Nicolì Mariagrazia – Biologa Nutrizionista

 

BIBLIOGRAFIA

  • Diplock A.T. et al: Scientific concepts of functional foods in Europe: Consensus Document, British Journal of Nutrition 1999
  • Nutsforlife edizioni, Buccella Francesca
  • Alimento funzionale su Enciclopedia Britannica
  • Sinu.it

 

L’importanza degli spuntini nell’alimentazione quotidiana, una revisione italiana

Un team di esperti italiani, con il coordinamento della Nutrition Foundation of Italy, ha recentemente pubblicato, sulla prestigiosa rivista scientifica Journal of Food Science and Nutrition, una revisione dal titolo “Snacking in nutrition and health”, ottenuta tramite l’analisi della letteratura scientifica pubblicata in tutto il mondo.

Può sembrare un ossimoro dato che nel nostro paese lo “spizzicare” viene visto come l’abitudine scorretta del mangiare fuori pasto, in maniera non programmata, non controllata e senza avere appetito, in quest’ottica risulta difficile associarlo ad uno stile di vita sano ed una dieta bilanciata.

In realtà il termine anglosassone “snacking” viene impiegato per indicare gli spuntini di metà mattina e metà pomeriggio che ben si differenziano dal mangiare casualmente fuori pasto in quanto hanno un ruolo ed una collocazione temporale ben precisi all’interno della dieta e devono rispondere ad esigenze nutrizionali specifiche.

Esiste una moltitudine di evidenze scientifiche a sostegno del fatto che frazionare la distribuzione giornaliera di energia e l’apporto di nutrienti in 4-5 occasioni, rispetto a concentrarli nei soli 3 pasti principali, abbia un impatto positivo sulla qualità complessiva della dieta e sul metabolismo:

  • Il consumo di uno spuntino a metà mattina e/o a metà pomeriggio evita il sovraccarico digestivo e metabolico,

  • Migliora il controllo dell’assunzione calorica nei pasti principali contribuendo al controllo del peso corporeo, ecco perché questi due pasti prendono generalmente il nome di “spezza-fame”. Il consumo di un piccolo snack fra un pasto e l’altro permette di arrivare al pasto principale meno affamati e, di conseguenza, favorisce una scelta più ponderata della qualità e della quantità del cibo che si mette nel piatto ai pasti principali,

  • Frazionare i nutrienti in diverse occasioni aiuta a ridurre il carico glicemico complessivo dei pasti e permette di mantenere costante la concentrazione di glucosio circolante, evitando l’insorgenza di cali e picchi glicemici e mantenendo bassi i livelli di insulina,

  • Per chi svolge un’attività fisica intensa lo spezza-fame aiuta a ripristinare le riserve di glicogeno e mantenere integro il tessuto muscolare,

  • La lipolisi (ovvero il consumo di trigliceridi) viene maggiormente attivata.

Ovviamente il fuori pasto non deve prescindere da una corretta alimentazione generale e non deve andare ad aggiungere ulteriori calorie all’introito giornaliero. Gli spuntini devono entrare a fare parte in maniera bilanciata della dieta quotidiana: sostanzialmente la qualità e la quantità degli alimenti consumati durante colazione, pranzo e cena dovrebbero guidare la scelta della merenda che meglio si adatti alle abitudini e alle esigenze.

In linea generale lo spuntino di metà mattina dovrebbe rappresentare circa il 5-8% dell’introito calorico giornaliero mentre quello di metà pomeriggio, dato che il tempo che intercorre fra il pranzo e la cena è generalmente superiore rispetto a quello che passa fra la colazione e il pranzo, dovrebbe essere un po’ più articolato e rappresentare circa il 7-10% delle calorie totali giornaliere.

Gli spuntini acquisiscono un ruolo differente durante le diverse fasi della vita:

  • In età pediatrica l’inserimento di due spuntini durante la giornata serve a migliorare l’indice qualitativo dell’alimentazione e insegna ai bambini fin dalla più giovane età ad acquisire corrette abitudini alimentari,

  • In età adulta invece lo spuntino aiuta la regolazione del senso di fame e di conseguenza favorisce il bilanciamento della secrezione ormonale oltre che il controllo della glicemia, del peso corporeo e del profilo lipidico,

  • Per gli anziani gli spuntini servono come aiuto per il completamento della dieta. Lo stato di malnutrizione nelle persone anziane è piuttosto comune ed è in gran parte imputabile alle scelte alimentari che, con l’avanzare dell’età, diventano sempre più limitate e, allo stesso tempo, complesse influenzate sia da fattori biologici e ambientali che sociali e psicologici.

Ma che caratteristiche deve avere uno spezza-fame per avere un impatto positivo sull’alimentazione?

Ovviamente non tutti gli snack sono adatti ad un regime alimentare sano, la maggior parte degli snack confezionati che si trovano in commercio ad esempio sono ricchi di additivi, zuccheri, sale e grassi saturi o idrogenati al solo scopo di risultare più appetibili per questioni di gusto e di consistenza. Se è vero che lo spuntino può svolgere anche il ruolo di “comfort food” (ovvero un cibo che appaga sia dal un punto di vista del gusto che della psiche) è anche vero che deve sempre essere rispettato il bilancio quotidiano di energia e nutrienti, questo significa che gli spuntini devono essere studiati e calibrati tenendo in considerazione età, sesso, stile di vita e livello di attività fisica del singolo soggetto.

Di seguito alcuni alimenti che potrebbero entrare a far parte di uno spuntino bilanciato, che favorisce il senso di sazietà e ci gratifica troviamo:

  • Frutta secca e disidratata, ad esempio prugne disidratate, che aiutano a mantenere lo stato di sazietà e hanno un basso indice glicemico;

  • Latticini, come lo yogurt al naturale o un formaggio magro, o comunque un cibo proteico;

  • Frutta e verdura, fonte di vitamine, minerali e fibre;

  • Prodotti da forno privi di grassi saturi o idrogenati, i prodotti cerealicoli andrebbero preferiti con un contenuto pari al 50% di cereali integrali.

Come bevanda di accompagnamento è meglio preferire sempre l’acqua: il mantenimento dello stato di idratazione durante la giornata e fondamentale per permettere a tutto l’organismo di funzionare correttamente.

In conclusione: è riconosciuto a livello internazionale che suddividere le calorie e i nutrienti giornalieri in 4-5 momenti, piuttosto che concentrare tutto nei 3 pasti principali, sia vantaggioso dal punto di vista metabolico. Fondamentale per evitare di incorrere in eccessi è rispettare sempre la collocazione temporale degli spuntini, limitandosi a metà mattina e metà pomeriggio, controllare il contenuto energetico e la composizione degli alimenti che si sceglie di consumare e adattarli alle proprie esigenze.

Fonti e approfondimenti:

Franca Marangoni, Daniela Martini, Silvia Scaglioni, Michele Sculati, Lorenzo Maria Donini, Francesco Leonardi, Carlo Agostoni, Gianluca Castelnuovo, Nicola Ferrara, Andrea Ghiselli, Michelangelo Giampietro, Claudio Maffeis, Marisa Porrini, Bianca Barbi & Andrea Poli (2019) Snacking in nutrition and health, International Journal of Food Sciences and Nutrition, DOI: 10.1080/09637486.2019.1595543

http://www.nutrition-foundation.it/apb-alimentazione–prevenzione-benessere-n-4—2019.aspx