Impronta idrica delle proteine animali: l’impatto della produzione sulle risorse idriche in Europa

Una dieta a ridotto contenuto di carne e derivati animali può contribuire a salvaguardare le risorse idriche del nostro pianeta: a sostenerlo è una ricerca recentemente pubblicata sulle pagine di Nature Sustainability condotta da un team di ricercatori del Joint Research Centre della Commissione Europea.

Questa ricerca analizza i dati relativi all’impronta idrica che le produzioni alimentari hanno sulle acque dolci globali che vengono suddivise in acque blu (cioè le masse d’acqua più evidenti, come quelle costituite da fiumi, laghi, paludi e falde acquifere) e acque verdi (cioè l’acqua che si trova nel suolo, formata dalle precipitazioni e disponibile per le piante).

L’impronta idrica (Water Footprint) è un indicatore che permette di capire quanta acqua viene impiegata ed inquinata, in maniera diretta o indiretta, per la produzione di un bene in questo caso di cibo.

La ricerca è stata condotta raccogliendo dati in diverse aree dei tre paesi europei che disponevano del maggior quantitativo di informazioni: Regno Unito, Germania e Francia. Sono stati presi in considerazione sia fattori socioeconomici (età, sesso e livello di istruzione) che diverse tipologie di diete.

È risultato che oggi l’impronta idrica nazionale associata alla produzione, importazione e consumo di alimenti (calcolando sia in base al consumo di acqua verde che blu) è di:

  • 2.757 (92% verde e 8% blu) litri pro capite al giorno per il Regno Unito,
  • 2.929 (95% verde e 5% blu) litri pro capite al giorno per la Germania,
  • 3.861 (93% verde e 7% blu) litri pro capite al giorno per la Francia.

I tre scenari dietetici presi in considerazioni sono invece:

  • Una dieta salutare comprendente carne (HEALTHY-MEAT): comprende prodotti appartenenti a tutti i gruppi alimentari (carne, pesce, latte e derivati ​​del latte, grassi animali, legumi e olio e così via).
  • Una dieta pescitariana sana (HEALTHY-PESC): dove la carne viene sostituita da legumi e semi oleaginosi. I grassi animali sono sostituiti da oli vegetali.
  • Una dieta vegetariana sana (HEALTHY-VEG): identica alla dieta pescitariana, ma dove anche il pesce viene sostituito da legumi e semi oleaginosi.

Questi sono i tre stili alimentari comunemente identificati, utilizzati e basati su linee guida dietetiche alimentari riconosciute a livello nazionale.

Da queste analisi i ricercatori hanno dedotto che, rispetto alle attuali diete seguite nei diversi paesi, il consumo di acqua necessario per la produzione di alimenti potrebbe essere ridotto:

  • Tra l’11% e il 35% nel caso in cui si seguisse un regime alimentare HEALTHY-MEAT,
  • Tra il 33% e il 55% nel caso in cui si seguisse un regime alimentare HEALTHY-PESC,
  • Tra il 35% e il 55% nel caso in cui si seguisse un regime alimentare HEALTHY VEG.  

Risulta quindi evidente che la riduzione del consumo di carne a livello europeo, ed il conseguente passaggio ad un regime alimentare di tipo vegetariano o pescitariano, contribuirebbe in maniera significativa alla riduzione dell’impronta idrica totale: i prodotti animali hanno in genere un’impronta idrica maggiore rispetto ai prodotti vegetali. Secondo il Water Footprint Network l’impronta idrica media (per caloria) per la produzione di carne bovina è venti volte superiore rispetto a quella dei cereali e delle radici amidacee.

Per quanto riguarda il fabbisogno idrico generale per la produzione di proteine è stato riscontrato che l’impronta idrica per g di proteine derivate da carni bovine ​​è circa 6 volte maggiore rispetto a quella dei legumi.

Ad oggi la dieta europea prevede un consumo di prodotti di origine animale eccessivo e questo porta ad un aumento della richiesta di carne sul mercato e ad un conseguente aumento del numero di allevamenti di bestiame.

La produzione animale globale impiega ogni anno circa 2422 Gm 3 di acqua dolce. Un terzo di queste risorse idriche è destinato all’allevamento di bovini da carne; mentre un altro 19% va al settore dei bovini da latte. La maggior parte del volume totale di acqua (98%) si riferisce all’impronta idrica associata alla produzione di mangime per il sostentamento degli animali da allevamento.

Il passaggio ad un regime alimentare più sano e composto prevalentemente da alimenti di origine vegetale permetterebbe quindi non solo di ridurre l’impatto negativo sulla salute dell’uomo, ma anche sul consumo di importanti risorse idriche.

Euro Company, a questo proposito, ha come obiettivo quello di promuovere un’alimentazione sana e consapevole attraverso la produzione di alimenti 100% derivati dalla sola lavorazione di frutta secca e semi oleosi, fonte di proteine di origine vegetale.

Fonti e approfondimenti:

https://www.nature.com/articles/s41893-018-0133-x

https://www.repubblica.it/ambiente/2018/09/21/news/cosi_la_dieta_diventa_sostenibile_mangiare_meno_carne_per_avere_piu_acqua-207024769/

https://waterfootprint.org/en/water-footprint/product-water-footprint/water-footprint-crop-and-animal-products/

Una Dieta Sostenibile è possibile: per noi e per il pianeta

Il 17 gennaio ad Oslo la Commissione EAT-Lancet ha presentato il report di un progetto di ricerca e revisione durato 3 anni il cui obiettivo era gettare le basi per la definizione di una dieta universale, sana e sostenibile dal punto di vista ambientale.

Questo studio si è rivelato necessario in quanto è sempre più evidente che la scelta del cibo e il modo in cui questo viene coltivato, trasformato, trasportato, consumato e sprecato influiscono in maniera evidente sullo stato di salute non solo delle persone, ma anche dell’intero pianeta.

Esistono forti evidenze a sostegno del fatto che le produzioni alimentari siano tra le maggiori produttrici di gas serra e tra i principali responsabili dei cambiamenti ambientali globali in particolare cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, sfruttamento delle acque dolci, interferenze con i cicli globali di azoto e fosforo e cambiamenti del sistema terrestre. Allo stesso tempo, diete non sane sono tra i principali fattori di rischio per l’insorgenza di malattie come diabete, patologie cardiovascolari e tumori in tutto il mondo. Si stima che l’incidenza di una dieta sbagliata sulle cause di mortalità sia più alta di quella di alcol, droghe, tabacco e rapporti sessuali non protetti messi assieme. A questo si aggiunge il forte stato di denutrizione globale nei paesi in via di sviluppo: oggi infatti più di 800 milioni di persone non hanno cibo sufficiente per il proprio sostentamento, mentre molti altri paesi seguono regimi alimentari scorretti fatti di porzioni eccessive e alimenti combinati in maniera sbagliata che sono causa di insorgenza di sovrappeso e obesità.

Alla luce di queste considerazioni risulta evidente che la trasformazione del sistema alimentare debba essere radicale, urgente e indispensabile.

Per fare ciò la commissione si è concentrata su due aspetti fondamentali della filiera alimentare:

  • Consumo finale: identificare quale sia la dieta più idonea per mantenere lo stato di salute della popolazione

  • Produzione: identificare quali possano essere le modifiche da attuare alla filiera di produzione alimentare per renderla sostenibile

Il team, composto da oltre 30 tra i massimi esperti impegnati in diversi settori (salute umana, agricoltura, scienze politiche e sostenibilità ambientale) provenienti da tutto il mondo, ha lavorato per definire una dieta universale di riferimento per stimare gli effetti sulla salute e sull’ambiente derivati da una dieta alternativa, rispetto alle diete standard attuali spesso ad alto contenuto di alimenti trasformati e non sani.

Oltre ad avere effetti positivi sulla salute la dieta universale dovrà essere in grado di far fronte in maniera sostenibile alla forte crescita demografica prevista nei prossimi anni: le stime delle Nazioni Unite dicono infatti che entro il 2050 la popolazione mondiale raggiungerà circa i 10 miliardi di persone.

I gruppi di lavoro della Commissione si sono interrogati su cinque temi fondamentali:

  • Che cos’è una dieta sana? Cioè una dieta basata su solide evidenze scientifiche che deve ottimizzare la salute, intesa non solo l’assenza di malattia ma come uno stato di benessere completo (fisico, mentale e sociale).
  • Cos’è un sistema alimentare sostenibile?
  • Quali sono le tendenze che danno forma alle diete oggi? Cioè cosa si trova effettivamente nei piatti delle persone nei diversi paesi del mondo.
  • Possiamo ottenere diete sane da sistemi alimentari sostenibili? Come?
  • Quali sono le soluzioni e le politiche che possiamo applicare? Una serie di linee guida che governi, imprese e consumatori dovrebbero seguire per raggiungere gli obiettivi in tema di salute e benessere del pianeta.

Il risultato è una dieta varia, con un apporto calorico giornaliero di 2500 kcal, che prende come modello base la dieta Mediterranea con alcuni aggiustamenti.

La dieta sana e “sostenibile” deve essere composta prevalentemente da una grande varietà di frutta, verdura e proteine di origine vegetale (frutta secca e legumi), ridotte quantità di alimenti di origine animale (quantità moderate di pesce e pollame, poca o nessuna quantità di carne rossa e carni lavorate), deve prediligere i grassi insaturi rispetto ai saturi e consumare quantità limitate di cereali raffinati, cibi altamente trasformati e zuccheri aggiunti.

Di seguito una tabella che riassume le indicazioni principali per una “dieta sostenibile”:

ALIMENTI Grammi Macronutrienti da assumere al giorno (possibile intervallo)

Apporto calorico (kcal) giornaliero

Cereali integrali 232 811
Tuberi o vegetali amidacei 50 (0-100) 39
Vegetali 300 (200-600) 78
Frutta 200 (100-300) 126
Prodotti lattiero-caseari 250 (0-500) 153
Carni rosse 14 (0-28) 30
Pollame 29 (0-58) 62
Uova 13 (0-25) 19
Pesce 28 (0-100) 40
Legumi 75 (0-100) 284
Frutta secca 50 (0-75) 291
Grassi insaturi 40 (20-80) 354
Grassi saturi 11.8 (0-11.8) 96
Zuccheri aggiunti 31 (0-31) 120

 

Questa trasformazione delle abitudini alimentari può verificarsi solo attraverso un’azione multisettoriale e multilivello che coinvolga tutta la filiera, dal produttore fino al consumatore finale.

I cambiamenti che devono essere attuati riguardano:

  • Un sostanziale spostamento delle abitudini alimentari verso schemi dietetici prettamente vegetali: una riduzione del 50% del consumo di carne e zucchero e un raddoppiamento dei consumi di frutta, verdura, frutta secca e legumi,

  • Una forte riduzione delle perdite alimentari e degli sprechi di cibo,

  • L’attuazione di importanti modifiche e miglioramenti nelle pratiche di produzione alimentare.

Il report si chiude con cinque strategie da attuare per rendere possibile la cosiddetta “Grande Trasformazione Alimentare”:

  1. E’ necessario che a livello nazionale ed internazionale ci si impegni nella promozione di un passaggio ad una dieta più sana.
  2. Ridefinire le priorità agricole: passare dalla produzione di grandi quantità di cibo alla produzione di cibo di qualità.
  3. Nuova rivoluzione agricola: aumentare in modo sostenibile la produzione di cibo di qualità, tramite l’innovazione dei sistemi.
  4. Amministrare in modo sostenibile, controllato e coordinato la terra e gli oceani, senza estendere ulteriormente i terreni adibiti all’agricoltura e sfruttare le risorse ittiche in maniera incontrollata.
  5. Dimezzare gli sprechi alimentari su tutti i livelli, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

I dati disponibili ad oggi sono già più che sufficienti per giustificare un’azione immediata; se non viene fatto nulla in proposito le generazioni future finiranno con l’ereditare un mondo gravemente degradato dove gran parte della popolazione soffrirà di malnutrizione e malattie prevenibili.

La Grande Trasformazione Alimentare è sia necessaria che realizzabile.

Euro Company si trova perfettamente in linea con i risultati emersi da questo studio: è indispensabile che l’intera industria alimentare si ponga come obiettivo quello di produrre alimenti più sani e  genuini e di farlo in maniera attenta e sostenibile

  • Ogni giorno infatti ci preoccupiamo che la nostra frutta secca e i nostri prodotti 100% vegetali siano buoni, il meno manipolati possibile e senza zuccheri aggiunti, mantenendo solo gli zuccheri naturali della frutta.
  • A livello produttivo acquistiamo energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e abbiamo ridotto del 15% le nostre emissioni di CO2.
  • In 2 anni abbiamo ridotto di 24 tonnellate di rifiuti da imballaggio e contiamo di rendere i nostri packaging 100% compostabili entro il 2020.

Ogni azienda e ogni individuo dovrebbe fare la sua parte in questo progetto ambizioso, per il bene nostro e del nostro pianeta.

Walter Willett, Johan Rockström, Brent Loken, Marco Springmann, Tim Lang, Sonja Vermeulen, Tara Garnett, David Tilman, Fabrice DeClerck, Amanda Wood, Malin Jonell, Michael Clark, Line J Gordon, Jessica Fanzo, Corinna Hawkes, Rami Zurayk, Juan A Rivera, Wim De Vries, Lindiwe Majele Sibanda, Ashkan Afshin, Abhishek Chaudhary, Mario Herrero, Rina Agustina, Francesco Branca, Anna Lartey, Shenggen Fan, Beatrice Crona, Elizabeth Fox, Victoria Bignet, Max Troell, Therese Lindahl, Sudhvir Singh, Sarah E Cornell, K Srinath Reddy, Sunita Narain, Sania Nishtar, Christopher J L Murray; Food in the Anthropocene: the EAT–Lancet Commission on healthy diets from sustainable food systems; The Lancet Commissions; January 16, 2019.

La giusta porzione è “a portata di mano”

Molte persone riscontrano grande difficoltà nel comprendere quale possa essere la giusta porzione di alimento da consumare per sentirsi sazi e appagati.

Consumare ogni giorno porzioni eccessive di cibo, industriale e/o di scarsa qualità, oltre a contribuire allo spreco alimentare è anche fra le principali cause di insorgenza di sovrappeso e obesità, anche infantile.

Obesità e patologie ad essa correlate sono un rilevante problema di salute pubblica a livello mondiale.

I dati disponibili sul sito del Ministero della Salute sono decisamente preoccupanti, all’obesità/sovrappeso sono infatti attribuiti:

  • il 44% dei casi di diabete tipo 2,
  • il 23% dei casi di cardiopatia ischemica,
  • fino al 41% di alcuni tumori.

Per un totale di decessi attribuibili all’obesità nel mondo pari almeno a 2,8 milioni all’anno!

Secondo l’OMS dal 1980 ad oggi la prevalenza di obesità nel mondo è raddoppiata: nel 2008 si contavano oltre 1,4 miliardi di adulti in sovrappeso, di cui 200 milioni di uomini e 300 milioni di donne obesi conclamati. Nel 2011 i bambini sovrappeso al di sotto del 5 anni erano circa 40 milioni.

Nella stragrande maggioranza dei casi l’insorgenza di sovrappeso e obesità è da ricondurre allo stile di vita costituito da un’alimentazione scorretta (generalmente ipercalorica) e un ridotto dispendio energetico (scarsa attività fisica e sedentarietà).

La British Nutrition Foundation nella guida “Trova il tuo equilibrio” oltre a dare indicazioni su come combinare in maniera corretta i cibi ha anche ideato un metodo intuitivo e, letteralmente, “a portata di mano” per capire quale sia la corretta porzione: questo metodo impiega infatti come unità di misura proprio mano, pugno e pollice!

Sul sito della British Nutrition Foundation è disponibile un elenco di “misure” di alcuni degli alimenti di più largo consumo rapportati alle dimensioni della mano calcolati tenendo in considerazione le dimensioni delle porzioni in tutto il mondo e ciò che è disponibile nei supermercati del Regno Unito, alcuni esempi:

  • 2 manciate di pasta secca o riso (che corrispondono a circa 75 g).
  • Un mucchio di spaghetti del diametro di una moneta da 1 sterlina, misurata con il dito e il pollice (75 g).
  • La quantità di pasta cotta o riso che si adatterebbe in due mani a coppa insieme (180 g).
  • Una patata al forno delle dimensioni del tuo pugno (220 g).
  • Circa 3 manciate di cereali per la colazione (40 g).
  • Un pezzo di petto di pollo grigliato della metà della grandezza della tua mano (120 g).
  • Un pezzo di formaggio delle dimensioni di due pollici insieme (30 g)

Ogni persona ha le proprie esigenze nutrizionali specifiche a seconda di costituzione, età, sesso, livello di attività fisica svolta, ecc. e le porzioni di cibo variano in funzione delle necessità individuali. Se una persona è alta o svolge molta attività fisica le sue necessità saranno diverse rispetto quelle di una persona bassa che sta cercando di perdere peso. Il metodo della mano in questo caso risulta ancora proporzionalmente accettabile perché una persona più grande, con mani più grandi, otterrà automaticamente porzioni più grandi rispetto a quelle di persone più piccole, con mani più piccole.

Ovviamente si tratta di un sistema di misura molto empirico che non tiene in grande considerazione nessun parametro specifico.

Il metodo più preciso per calibrare le porzioni degli alimenti in funzione delle proprie necessità rimane:

  1. farsi seguire da un nutrizionista per effettuare tutte le misurazioni fisiche necessarie
  2. utilizzare una bilancia per pesare il proprio cibo in maniera precisa
  3. fare riferimento alle porzioni standard indicate nelle linee guida.
L’impiego di un metodo veloce e divertente per calcolare le porzioni, come può essere l’utilizzo di una mano, può aiutare a valutare meglio quanto cibo si sta consumando e con il tempo permette di modulare meglio le porzioni. Alimentarsi in maniera più consapevole è il primo passo fondamentale per il miglioramento dello stato di salute.

Dal sito della British Nutrition Foundation

Fonti e approfondimenti:

https://www.nutrition.org.uk/healthyliving/find-your-balance/portionwise.html

https://www.bbc.com/news/av/health-46843832/healthy-eating-what-is-a-correct-food-portion

http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?area=Malattie_endocrine_e_metaboliche&id=175