Linee guida sulla sana alimentazione: False credenze sulla varietà dell’alimentazione

Quando si parla di sana alimentazione la parola chiave è “variare”, ma cosa significa avere un’alimentazione varia? E perché è così importante variare la propria dieta?

Gli alimenti, oltre ad assicurarci il giusto apporto energetico, servono anche per fornirci alcuni nutrienti indispensabili per la salute dell’organismo come amminoacidi e acidi grassi essenziali, vitamine, minerali, fibre, acqua, ecc.

È fondamentale, innanzitutto, capire che non esiste un alimento “miracoloso” e completo che contenga al suo interno tutto ciò di cui abbiamo bisogno per vivere bene e in salute.

Per questo motivo quando si parla di alimentazione bilanciata ci si focalizza sull’importanza di combinare alimenti provenienti da diversi gruppi:

  1. Cereali (e derivati) e tuberi;

  2. Frutta e verdura;

  3. Carne, pesce, uova, legumi;

  4. Latte (e derivati);

  5. Grassi da condimento.

Ciascun alimento ha le sue peculiari caratteristiche nutrizionali e, imparando a combinarli nei modi e nelle porzioni giuste, sono in grado di assicurarci il giusto apporto di nutrienti, rimanendo allo stesso tempo all’interno di un apporto energetico adeguato alle nostre necessità e al nostro stile di vita.

Variare la propria alimentazione significa quindi fare scelte che permettano di costruire uno stile di vita alimentare completo ed equilibrato, in grado di portare benefici psico-fisici in generale, diversificando i sapori, evitando la monotonia e allo stesso tempo prevenendo squilibri nutrizionali.

Come già precedentemente fatto per il peso corporeo, in questo articolo utilizzeremo le parole degli esperti del CREA, riportate nelle Linee guida per una sana alimentazione, per sfatare alcuni falsi miti sull’alimentazione variegata:

  1. Non è vero che per dimagrire è necessario eliminare uno o più gruppi alimentari.

Per dimagrire è necessario seguire un regime dietetico ipocalorico (ovvero introdurre meno calorie di quelle di cui necessita il nostro corpo in modo da stimolarlo a consumare le riserve di grasso accumulato proprio per questo scopo) assonato all’attività fisica e un regime ipocalorico di per sé non prevede l’eliminazione di un qualche tipo di alimento o nutriente in particolare, ma prevalentemente una riduzione delle porzioni.

  1. Non è vero che dobbiamo sottovalutare la pausa pranzo.

Il pranzo è un pasto fondamentale e non è sufficiente consumare velocemente una barretta o un frutto davanti alla scrivania per avere l’energia sufficiente ad affrontare il resto della giornata fino ad arrivare alla cena. Se non si dispone di una mensa è importante trovare un luogo alternativo che ci permetta di muovere qualche passo per raggiungerlo, per allontanarsi dallo schermo e dalla scrivania, e di consumare il proprio pasto in compagnia in un ambiente rilassante e piacevole.

  1. Non è sempre vero che avere tanti alimenti a disposizione sia sempre un aspetto positivo.

Variare significa sostituire, non aggiungere. A volte capita infatti che avere una grande varietà di alimenti a disposizione ci porti a mangiare di più e a scegliere i cibi che danno maggior appagamento, che spesso non corrispondono a quelli più “sani”. Importante fare attenzione alle porzioni e tenere i propri pasti sotto controllo.

  1. Non è vero che il modello della Dieta Mediterranea è un modello alimentare superato.

Sono infatti moltissimi gli studi che sostengono questo modello alimentare sia per via dell’apporto bilanciato di nutrienti che per la capacità di prevenire moltissime patologie cronico degenerative. Anche la Dieta Mediterranea prevede il controllo delle porzioni e nonostante adesso lo stile di vita della maggior parte delle persone sia molto frenetico e preveda spesso pasti fuori casa è comunque possibile continuare a seguire questo regime alimentare facendo attenzione a fare le scelte giuste anche al ristorante.

  1. Non è vero che si ingrassa o dimagrisce in un giorno o in una settimana.

Il peso ottimale è il risultato del mantenimento costante di abitudini alimentari corrette. Gli eccessi occasionali rientrano nella norma perché, oltre alla salute fisica, l’alimentazione deve rispettare anche la gratificazione, la convivialità, i rapporti sociali e il benessere psicologico. L’importante è saper bilanciare gli eccessi nei giorni o nei pasti successivi.

Fonti e approfondimenti:

www.crea.gov.it/web/alimenti-e-nutrizione/-/linee-guida-per-una-sana-alimentazione-2018

Una dieta vegana protratta per 4 mesi può modificare positivamente il microbiota intestinale

Una dieta vegana (a ridotto/nullo contenuto di carne) protratta per 4 mesi e non per tutta la vita, sembra contribuire al controllo della glicemia e alla prevenzione dell’insorgenza di sindrome metabolica e diabete di tipo 2 grazie ad una modifica del microbiota intestinale.

A sostenerlo sono i risultati di un’indagine presentati a Barcellona al congresso annuale dell’Associazione Europea per lo Studio del Diabete (EASD) che si sta svolgendo in questi giorni (16-20 settembre).

Il microbiota intestinale consiste in una vasta comunità di batteri che colonizza il tratto intestinale e sono simbionti e commensali, che significa che per sopravvivere devono necessariamente vivere in stretto rapporto con altri organismi viventi e traggono vantaggio dalla simbiosi. Questi microorganismi esercitano effetti rilevanti su una vasta gamma di attività fisiologiche dell’organismo ospite (ad esempio funzione immunitaria ed elaborazione di nutrienti).

La ricerca è stata condotta su 147 partecipanti, prevalentemente donne (86% donne e 14% uomini) di età compresa tra i 45 e i 65 anni, in sovrappeso ma senza una storia di diabete che sono stati divisi in due gruppi. Ad inizio sperimentazione ad entrambi i gruppi è stata fatta l’analisi del microbiota intestinale, della composizione corporea e della sensibilità insulinica. In seguito al primo gruppo è stata imposta una dieta vegana e a basso contenuto di grassi, mentre il secondo gruppo ha continuato a seguire le proprie abitudini alimentari senza variazioni.

Dopo circa 4 mesi, i partecipanti al primo gruppo mostravano:

  • Una significativa perdita di massa grassa con conseguente perdita di peso (in media – 5,8 kg);

  • Un aumento della sensibilità insulinica, che significa che c’è minore resistenza ed è quindi sufficiente un minor rilascio di insulina per permette il mantenimento di normali livelli di glucosio circolante;

  • Una significativa variazione della composizione del microbiota intestinale: aumento del 4,8% di una specie batterica legata alla salute intestinale (Faecalibacterium prausnitzii) e del 19,5% di Bacteroides fragilis, un’altra specie batterica.

L’aumento di queste specie batteriche sembra essere collegata sia alla perdita di peso che alla maggiore sensibilità all’insulina.

La ricerca ha portato quindi alla conclusione che sedici settimane di regime alimentare vegano siano sufficienti per indurre modifiche nel microbiota che sono correlate positivamente a cambiamenti di peso, nella composizione corporea e nella sensibilità insulinica.

Resta ancora da chiarire se gli effetti benefici siano imputabili al regime alimentare vegano oppure alla sola riduzione dell’introito calorico, infatti le due specie batteriche che aumentano in questo studio sono quelle che si nutrono prevalentemente di fibre e che quindi beneficiano di un’alimentazione completamente vegetale.

La domanda da porsi è: come reagirebbero le stesse specie batteriche se invece di una dieta strettamente vegana si seguisse semplicemente un regime alimentare bilanciato che contenga le famigerate 5 porzioni di frutta e verdura al giorno?

Saranno quindi necessari ulteriori approfondimenti e risultati più certi saranno disponibili nel 2020 in seguito alla conclusione di una seconda sperimentazione condotta dallo stesso gruppo di ricerca guidato da Hana Kahleova del Physicians Commitee for Responsible Medicine (PCRM) di Washington (USA).

Intanto i ricercatori ci tengono a sottolineare che la fibra è il componente più importante presente negli alimenti vegetali in grado di promuovere la crescita di un microbiota in salute e quindi “mangiare più fibre è la raccomandazione dietetica numero uno per un microbioma intestinale sano”.

Fonti e approfondimenti

https://medicalxpress.com/news/2019-09-short-term-vegan-diet-boost-gut.html

https://www.ilmessaggero.it/salute/alimentazione/dieta_vegana_benefici_fa_male_peso_glicemia_oggi_17_settembre_2019-4740139.html

https://www.repubblica.it/salute/alimentazione-e-fitness/2019/09/16/news/dieta_vegana_contro_il_diabete-236187247/?rss

Liguri; Nutrizione e dietologia – aspetti clinici dell’alimentazione; Zanichelli; 2018

La Casa Del Fermentino al SANA 2019

Si è appena concluso il Sana 2019il salone internazionale del biologico e del naturale, manifestazione leader del settore in Italia che si è svolta a Bologna dal 6 al 9 settembre.

Un appuntamento importante che, con i suoi oltre mille espositori, rappresenta la vetrina più importante per scoprire tutte le novità di mercato.

In linea con la filosofia della fiera bolognese, l’azienda ha presentato la propria gamma di fermentini, biologici e 100% vegetali, ottenuti dalla fermentazione di frutta secca con la sola aggiunta di acqua, sale e spezie naturali.

In particolare ai partecipanti alla fiera è stata data la possibilità di assaggiare in anteprima assoluta due nuovi prodotti: Camelia e Grattino.

  • Camelia il fermentino a crosta fiorita – è realizzato attraverso la fermentazione di anacardi e noci di macadamia. Un’equilibrata sintesi tra il gusto delle materie prime e i sapori che nascono durante la fase di fermentazione grazie all’azione del Penicillium Candidum. Camelia racchiude in sé la dolcezza e la delicatezza della frutta secca, il tocco fresco e acidulo tipico della fermentazione e gli aromi caratteristici dei prodotti a crosta fiorita.

  • Grattinoil fermentino grattugiato – fatto con anacardi, noci di macadamia, pepe nero e noce moscata, è un fermentino già grattugiato e ideale per condire tutti i tipi di pasta.

Nella cucina della “Casa del Fermentino” lo chef Tomas Marfella ha realizzato show cooking con ricette gustose e originali che avevano come protagonisti assoluti i fermentini e oltre 4000 persone hanno avuto la possibilità di assaggiarli e imparare a conoscerne il gusto unico.

L’entusiasmo con cui il pubblico del Sana ha accolto il progetto ci rende fieri e orgogliosi del lavoro che stiamo facendo ed è il motore che ci spinge ogni giorno a crescere e migliorare per far sì che i fermentini entrino a far parte delle scelte alimentari di tutti coloro che, come noi, scelgono di seguire un stile di vita sano e sostenibile.

 

 

 

 

Dieta Mediterranea patrimonio dell’UNESCO

Quando si parla di “corretto regime alimentare” ci si riferisce ad una dieta che assicuri il giusto apporto di tutti i macronutrienti e i micronutrienti essenziali per lo sviluppo, la crescita e il mantenimento dello stato di salute dell’individuo.

In quest’ottica la Dieta Mediterranea meglio definita come “modello alimentare mediterraneo”, ispirato ai modelli alimentari seguiti dai paesi che si affacciano sul Mediterraneo, è sicuramente quanto di più vicino ad un regime alimentare ottimale.

Le prime evidenze scientifiche della validità dei principi della Dieta Mediterranea risalgono agli anni ’50 con lo “Studio dei sette Paesi” promosso da Ancel Keys (1904 – 2004; biologo, fisiologo ed epidemiologo considerato il primo biologo nutrizionista della storia e padre fondatore della scienza dell’alimentazione) che ha coinvolto sette nazioni di quattro regioni della terra (Stati Uniti, Italia, Finlandia, Grecia, Iugoslavia, Paesi Bassi e Giappone) e che ha studiato i rapporti tra stile di vita, dieta, ed insorgenza di malattie cardiache ed ictus. I risultati hanno dimostrato che più ci si allontanava dal regime alimentare tipico dei paesi del mediterraneo maggiore era l’incidenza di patologie cardiovascolari.

Nel 2010 l’UNESCO ha riconosciuto la Dieta Mediterranea comepatrimonio immateriale dell’umanità” riconoscendone la paternità ad Italia, Grecia, Marocco, Cipro, Croazia e Portogallo.

La Dieta Mediterranea rappresenta “un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo”.

È caratterizzata da cereali – soprattutto integrali – frutta fresca, frutta secca, verdura, olio d’oliva e spezie a cui si affianca un modesto consumo di derivati animali: latticini, carne, pesce.

Anche il vino – in particolare quello rosso, ricco di polifenoli – rientra con moderazione nel regime alimentare mediterraneo assieme a te, tisane e infusi che fanno parte delle diverse tradizioni di ogni paese.

L’effetto benefico sulla prevenzione di patologie cronico degenerative associato a questo regime alimentare, in particolare sulle patologie a carico del sistema cardiovascolare, è imputabile alla ricchezza di sostanze come acidi grassi insaturi e polinsaturi (omega-3 e omega-6), fibre e composti ad azione antiossidante caratteristici dei cibi di origine vegetale ed al bilanciamento delle calorie introdotte tra i diversi principi alimentari.

Per “bilanciamento delle calorie” si intende la ripartizione ottimale delle calorie assunte giornalmente tra i diversi nutrienti: in un regime alimentare ottimale le proteine devono rappresentare il 10-15% delle calorie introdotte giornalmente, i carboidrati il 55-60% mentre i grassi il 25-30%.

Il CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) ha rilasciato un insieme di Linee Guida pratiche, ispirate ai principi della Dieta Mediterranea, per seguire un regime alimentare sano:

  • Consumare quotidianamente almeno 5 porzioni di frutta fresca e verdura e circa 30 g di frutta secca oleosa, secondo quanto indicato dai LARN (Standard delle Porzioni);
  • Ridurre il consumo di grassi saturi, in cui rientrano non solo burro e grassi animali ma anche l’olio di palma. Importante è la sostituzione nella dieta dei grassi saturi con grassi insaturi, come l’olio d’oliva o gli olii di semi preferibilmente utilizzati a crudo, che è in grado di favorire la normalizzazione dei livelli di colesterolo nel sangue contribuendo alla prevenzione di patologie a carico del sistema cardiocircolatorio;
  • Cercare di introdurre la maggior parte delle calorie giornaliere (circa il 50-60%) attraverso il consumo di carboidrati complessi fra cui cereali (farro, orzo, segale, ecc.), pasta, pane e riso preferibilmente integrali. I cereali integrali sono un’ottima fonte di fibre rispetto a quelli prodotti attraverso l’impiego di farina raffinata;
  • Favorire il consumo di proteine vegetali, come ad esempio i legumi, creando combinazioni che permettano l’assunzione di tutti gli amminoacidi essenziali. Il consumo di proteine animali andrebbe limitato;
  • Quando si consumano prodotti di origine animale sarebbe meglio scegliere il pesce e le carni bianche e limitare invece il consumo di carne rossa, insaccati e latticini (soprattutto quelli particolarmente grassi). Il consumo di questi ultimi andrebbe ridotto ad un massimo di 2 volte a settimana;
  • Ridurre il consumo di zucchero e prodotti addizionati di zuccheri semplici (merendine confezionate, dolciumi, caramelle, biscotti confezionati, ecc.);
  • Ridurre il consumo di sale, seguendo gli accorgimenti forniti dal Ministero della Salute;
  • Bere molta acqua (1 litro e mezzo al giorno) e limitare invece l’apporto di bibite in lattina e, soprattutto, di bevande alcoliche;
  • Variare molto le proprie scelte alimentari ogni giorno.

Per veicolare in modo facile ed intuitivo i principi della Dieta Mediterranea nel 1992 è stata ideata la Piramide Alimentare.  In tempi più recenti (2005) la piramide ha subito una sostanziale revisione dovuta sia ai cambiamenti dello stile di vita e delle abitudini della popolazione che alle nuove scoperte scientifiche in ambito alimentare:

  • I cereali raffinati (pasta, pane bianco, patate) sono stati spostati dalla base alla cima della piramide, tra gli alimenti da consumare con moderazione.  L’attenzione infatti si è spostata dal livello di complessità dei carboidrati alla loro capacità di incrementare più o meno velocemente la glicemia nel sangue. I cereali integrali hanno un impatto glicemico minore rispetto a quelli raffinati e sono da preferire.
  • Anche i lipidi hanno subito una modifica: infatti mentre all’apice sono stati lasciati solo i grassi di origine animale come consumo saltuario, i grassi vegetali (come l’olio d’oliva) sono stati spostati alla base come consumo quotidiano.

Fra i pilastri della dieta mediterranea, che si troverebbero idealmente alla base della piramide alimentare, ci sono anche aspetti che esulano dall’alimentazione vera e propria e che completano il quadro del regime alimentare perfetto:

  • Il piacere e la convivialità dei pasti: riscoprire il piacere di cucinare e, quando possibile, condividere i propri pasti contribuisce al benessere della persona,
  • La stagionalità dei prodotti: scegliere per ogni stagione i prodotti più adatti e ricchi di nutrienti,
  • Tenere sotto controllo il peso,
  • Ricordarsi sempre di associare ad una sana alimentazione anche attività fisica quotidiana: non è necessario esagerare, basta anche mezz’ora di attività aerobica moderata, come camminare, nuotare a rana o dorso o andare in bicicletta.

Bisogna sempre ricordare che: un sano stile di vita è nutrimento di benessere e longevità.

 

Fonti e approfondimenti:

G. Liguri; Nutrizione e dietologia – Aspetti clinici dell’alimentazione; Zanichelli

http://www.lascuoladiancel.it/ancel-keys/

http://www.nucisitalia.it/dieta-mediterranea/

https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/alimentazione/dieta-mediterranea-una-piramide-di-salute

 

Impronta idrica delle proteine animali: l’impatto della produzione sulle risorse idriche in Europa

Una dieta a ridotto contenuto di carne e derivati animali può contribuire a salvaguardare le risorse idriche del nostro pianeta: a sostenerlo è una ricerca recentemente pubblicata sulle pagine di Nature Sustainability condotta da un team di ricercatori del Joint Research Centre della Commissione Europea.

Questa ricerca analizza i dati relativi all’impronta idrica che le produzioni alimentari hanno sulle acque dolci globali che vengono suddivise in acque blu (cioè le masse d’acqua più evidenti, come quelle costituite da fiumi, laghi, paludi e falde acquifere) e acque verdi (cioè l’acqua che si trova nel suolo, formata dalle precipitazioni e disponibile per le piante).

L’impronta idrica (Water Footprint) è un indicatore che permette di capire quanta acqua viene impiegata ed inquinata, in maniera diretta o indiretta, per la produzione di un bene in questo caso di cibo.

La ricerca è stata condotta raccogliendo dati in diverse aree dei tre paesi europei che disponevano del maggior quantitativo di informazioni: Regno Unito, Germania e Francia. Sono stati presi in considerazione sia fattori socioeconomici (età, sesso e livello di istruzione) che diverse tipologie di diete.

È risultato che oggi l’impronta idrica nazionale associata alla produzione, importazione e consumo di alimenti (calcolando sia in base al consumo di acqua verde che blu) è di:

  • 2.757 (92% verde e 8% blu) litri pro capite al giorno per il Regno Unito,
  • 2.929 (95% verde e 5% blu) litri pro capite al giorno per la Germania,
  • 3.861 (93% verde e 7% blu) litri pro capite al giorno per la Francia.

I tre scenari dietetici presi in considerazioni sono invece:

  • Una dieta salutare comprendente carne (HEALTHY-MEAT): comprende prodotti appartenenti a tutti i gruppi alimentari (carne, pesce, latte e derivati ​​del latte, grassi animali, legumi e olio e così via).
  • Una dieta pescitariana sana (HEALTHY-PESC): dove la carne viene sostituita da legumi e semi oleaginosi. I grassi animali sono sostituiti da oli vegetali.
  • Una dieta vegetariana sana (HEALTHY-VEG): identica alla dieta pescitariana, ma dove anche il pesce viene sostituito da legumi e semi oleaginosi.

Questi sono i tre stili alimentari comunemente identificati, utilizzati e basati su linee guida dietetiche alimentari riconosciute a livello nazionale.

Da queste analisi i ricercatori hanno dedotto che, rispetto alle attuali diete seguite nei diversi paesi, il consumo di acqua necessario per la produzione di alimenti potrebbe essere ridotto:

  • Tra l’11% e il 35% nel caso in cui si seguisse un regime alimentare HEALTHY-MEAT,
  • Tra il 33% e il 55% nel caso in cui si seguisse un regime alimentare HEALTHY-PESC,
  • Tra il 35% e il 55% nel caso in cui si seguisse un regime alimentare HEALTHY VEG.  

Risulta quindi evidente che la riduzione del consumo di carne a livello europeo, ed il conseguente passaggio ad un regime alimentare di tipo vegetariano o pescitariano, contribuirebbe in maniera significativa alla riduzione dell’impronta idrica totale: i prodotti animali hanno in genere un’impronta idrica maggiore rispetto ai prodotti vegetali. Secondo il Water Footprint Network l’impronta idrica media (per caloria) per la produzione di carne bovina è venti volte superiore rispetto a quella dei cereali e delle radici amidacee.

Per quanto riguarda il fabbisogno idrico generale per la produzione di proteine è stato riscontrato che l’impronta idrica per g di proteine derivate da carni bovine ​​è circa 6 volte maggiore rispetto a quella dei legumi.

Ad oggi la dieta europea prevede un consumo di prodotti di origine animale eccessivo e questo porta ad un aumento della richiesta di carne sul mercato e ad un conseguente aumento del numero di allevamenti di bestiame.

La produzione animale globale impiega ogni anno circa 2422 Gm 3 di acqua dolce. Un terzo di queste risorse idriche è destinato all’allevamento di bovini da carne; mentre un altro 19% va al settore dei bovini da latte. La maggior parte del volume totale di acqua (98%) si riferisce all’impronta idrica associata alla produzione di mangime per il sostentamento degli animali da allevamento.

Il passaggio ad un regime alimentare più sano e composto prevalentemente da alimenti di origine vegetale permetterebbe quindi non solo di ridurre l’impatto negativo sulla salute dell’uomo, ma anche sul consumo di importanti risorse idriche.

Euro Company, a questo proposito, ha come obiettivo quello di promuovere un’alimentazione sana e consapevole attraverso la produzione di alimenti 100% derivati dalla sola lavorazione di frutta secca e semi oleosi, fonte di proteine di origine vegetale.

Fonti e approfondimenti:

https://www.nature.com/articles/s41893-018-0133-x

https://www.repubblica.it/ambiente/2018/09/21/news/cosi_la_dieta_diventa_sostenibile_mangiare_meno_carne_per_avere_piu_acqua-207024769/

https://waterfootprint.org/en/water-footprint/product-water-footprint/water-footprint-crop-and-animal-products/

Euro Company al Biofach 2019

Dal 13 al 16 febbraio 2019 Euro Company ha partecipato alla 30esima edizione del Biofach, l’evento fieristico internazionale più importante legato al mondo dell’alimentazione biologica. Rispetto ai dati del 2018, i numeri del 2019 presentano un evento in grande espansione con circa 3’000 espositori e oltre 50’000 visitatori professionali da oltre 100 Paesi, numeri che testimoniano la sempre maggiore importanza del salone. 

In vetrina le ultime tendenze mondiali nel settore del biologico ed in questo panorama non potevano mancare i “fermentini”. Euro Company, presente con il proprio stand “Casa del Fermentino”, ha presentato in anteprima due nuove linee di prodotti fra cui Fermè, la linea di fermentini ottenuti dalla fermentazione di soli anacardi con l’aggiunta di erbe aromatiche e spezie naturali, che andranno ad affiancarsi al capostipite Cicioni, il fermentino originale derivato dalla fermentazione di mandorle e anacardi con la sola aggiunta di acqua e sale.

Ma cos’è un fermentino?

La definizione recita:

Fermentino [fer-men-tì-no] s.m. (pl. -ni) – denominazione riservata al prodotto alimentare che si ricava dalla fermentazione di frutta secca e dei semi oleosi, con la sola aggiunta di acqua e saleA seconda della maturazione il fermentino può essere fresco o stagionato; a seconda della consistenza a pasta dura o molle.

I fermentini rappresentano una nuova e innovativa categoria di prodotti caratterizzati da una cortissima lista ingredienti, tutti completamente naturali. Dalla preparazione sono esclusi aromi, addensanti e conservanti, infatti, grazie al processo di fermentazione, si verifica un abbassamento del pH fino a 4.4 che favorisce la conservazione del prodotto.

Nella cucina della “Casa del Fermentino” i visitatori hanno potuto assaggiare i prodotti imparando a conoscerne il gusto inconfondibile. Durante gli showcooking Tomas Marfella, chef dell’Associazione Vegetariani Italiani, ha accompagnato gli interessati in un viaggio alla scoperta dei fermentini attraverso gustose e semplici ricette a cui sono stati abbinati ricercati vini italiani.

Il salone del Biofach ha rappresentato anche la prima uscita internazionale ufficiale di Euro Company come Società Benefit. Si tratta di una forma giuridica d’impresa introdotta a partire dal 2010 negli USA, nel 2016 riconosciuta anche in Italia. Euro Company è una delle prime aziende italiane ad aver adottato tale forma virtuosa e innovativa.

La Società Benefit rappresenta un’evoluzione del concetto stesso di azienda: mentre le società tradizionali esistono con l’unico scopo del profitto, quelle Benefit integrano nel proprio oggetto sociale, oltre agli obiettivi di profitto che ovviamente rimangono, lo scopo di avere un impatto positivo sulla società e sull’ambiente per un beneficio comune condiviso, perseguito in modo responsabile, sostenibile e trasparente.