Antibiotico-resistenza: in Italia più morti degli incidenti stradali.

In occasione dello European Antibiotic Awareness Day, tenutasi il 18 novembre, e della Settimana mondiale per l’uso consapevole degli antibiotici (World Antibiotic Awareness Week), dal 18 al 24 novembre, si sono accesi i riflettori su un argomento troppo spesso ignorato: l’antibiotico-resistenza, che nel nostro paese si sta trasformando in un grave problema di salute pubblica.

I dati raccolti nel 2018 e forniti, in occasione di queste giornate, dall’Istituto Superiore di Sanità sono allarmanti: infatti, mentre in Europa il tasso di antibiotico resistenza è in calo, in Italia il numero delle morti imputabili alla resistenza di alcuni ceppi batterici agli antibiotici è il triplo di quelle dovute ad incidenti stradali. Questi valori collocano l’Italia in cima alla classifica dei paesi con il più alto tasso di antibiotico-resistenza d’Europa, su 33.000 decessi che avvengono in UE per antibiotico-resistenza infatti oltre 10.000 si registrano nel nostro Paese.

Ma che cos’è esattamente l’antibiotico-resistenza?

Gli antimicrobici, comunemente chiamati antibiotici, sono farmaci utilizzati per distruggere i batteri patogeni o per impedirne la crescita e la diffusione.

Questo tipo di farmaci viene utilizzato nel trattamento sia degli umani che degli animali, in particolare negli allevamenti, per curare le malattie dovute ad infezioni batteriche.

L’impiego massiccio di antibiotici ha fatto sì che alcuni batteri patogeni, nel tempo, acquisissero e sviluppassero meccanismi di difesa che gli permettono di sopravvivere e moltiplicarsi anche in presenza di farmaci e questo fenomeno prende il nome di antibiotico-resistenza.

I meccanismi di difesa sono “scritti” e codificati in specifici geni trasmissibili da un batterio all’altro.

Il fenomeno della resistenza inoltre non riguarda solo i patogeni, ma anche i cosiddetti batteri commensali (quelli che vivono sulla nostra pelle, nelle mucose e nell’intestino) che amplificano la diffusione dei geni della resistenza poiché possono scambiare materiale genico anche con batteri di ceppi diversi.

Questi “scambi” fanno sì che, con il tempo, alcuni ceppi batterici acquisiscano un vero e proprio “arsenale” di geni difensivi la cui espressione rende sempre più scarsa l’efficacia degli attuali farmaci antibiotici disponibili.

A volte si instaura anche un fenomeno di multi-resistenza e ciò accade quando lo stesso batterio non è resistente ad una sola tipologia di antibiotici, ma a molti (almeno tre). Questo favorisce ulteriormente l’aumento e la diffusione delle infezioni rendendo contemporaneamente molto più difficile combatterle.

Ma quali sono le cause alla base della proliferazione di ceppi batterici resistenti agli antibiotici?

L’abuso, l’auto-prescrizione, le prescrizioni massicce e, a volte, superflue, il non seguire le indicazioni del medico, le terapie “fai da te” e la difficoltà di controllo delle infezioni nelle strutture di assistenza sanitaria sono tra le principali cause dello sviluppo dell’antibiotico-resistenza.

L’eccessivo uso di antibiotici non è una problematica che coinvolge solo il settore della medicina umana. La somministrazione di antibiotici agli animali da allevamento (polli, tacchini e suini in particolare), per evitare la comparsa di malattie negli ambienti sovraffollati degli allevamenti intensivi, è anch’essa causa della diffusione.

Spesso gli antibiotici impiegati per curare e prevenire le infezioni batteriche negli animali appartengono alle stesse classi di quelli usati per l’uomo ed è quindi possibile che i batteri resistenti sviluppatisi negli animali siano trasmessi agli esseri umani attraverso il cibo contaminato.

Per prevenire lo sviluppo dell’antibiotico-resistenza ed evitare di infettarsi con batteri resistenti è fondamentale seguire alcune semplici regole:

  1. Non chiedere antibiotici al proprio medico di famiglia se questo/a non li ha prescritti,

  2. Seguire esclusivamente le indicazioni del medico,

  3. Completare l’intero ciclo di cura,

  4. Non prendere antibiotici di propria iniziativa senza prescrizione,

  5. Non prendere mai gli antibiotici prescritti per un’altra persona,

  6. Fare attenzione all’igiene: lavarsi spesso le mani con acqua e sapone, soprattutto dopo aver usato il bagno, prima di mangiare, prima di preparare i cibi e dopo la manipolazione di carni crude,

  7. I prodotti alimentari di origine animale sono spesso contaminati da batteri e possono costituire una via di trasmissione anche di batteri antibiotico-resistenti,

  8. La frutta e la verdura, se venute a contatto con rifiuti animali o acqua contaminata, possono essere una via di trasmissione ed è quindi importante lavarle sempre bene e mantenere le superfici di lavoro della cucina pulite.

Seguire queste semplici regole può contribuire sia ad evitare di entrare in contatto con batteri potenzialmente patogeni sia di ostacolare lo sviluppo di antibiotico-resistenze.

Se tutti, cittadini, medici e allevatori, si impegnassero a ridurre l’impiego di antibiotici quando non necessari il tasso di sviluppo di ceppi batteri antibiotico-resistenti e delle conseguenti infezioni si ridurrebbe in maniera significativa.

Fonti e approfondimenti:

https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/a/antibiotico-resistenza#conseguenze-dell%E2%80%99antibiotico-resistenza

https://www.ilsole24ore.com/art/abuso-antibiotici-10mila-morti-anno-italia-triplo-incidenti-stradali-AC6RW1z?fromSearch

 

In che modo gli alimenti ricchi di fibre aiutano l’intestino

Molto spesso si sente parlare dell´importanza di assumere fibre per avere benefici a livello intestinale.

Cosa si intende per fibra alimentare?

La fibra alimentare è una componente degli alimenti che deriva dalle piante, non digeribile dallo stomaco e dall´intestino tenue. Gran parte di essa fa parte della classe dei carboidrati, ed è importante assumerla in dieta. La possiamo facilmente trovare in alimenti di origine vegetale come frutta, verdura, cereali integrali e legumi.

La fibra si classifica in fibra solubile in acqua e fibra insolubile in acqua:

  • In particolare la fibra solubile rallenta il transito intestinale e dà una sensazione di pienezza prolungata in quanto, essendo solubile, quando si trova nel lume intestinale diviene una sostanza gelatinosa viscosa. Questo tipo di fibra si può trovare nei semi di psillio, avena, orzo, broccoli.
  • La fibra insolubile invece, assorbe acqua all´interno dell´intestino provocando così un aumento del volume di feci e rendendo queste ultime più morbide. In questo modo si ha un transito intestinale più veloce e si riduce anche la presenza di sostanze tossiche per la mucosa intestinale. Generalmente troviamo la fibra alimentare insolubile in verdure a foglia verde, semi di lino e frutta secca.

L´associazione tra fibra ed intestino dunque è di fondamentale importanza. La fibra si rivela un alleato del nostro intestino.

Oltre che all’aumento del senso di sazietà e al miglioramento della funzionalità intestinale e dei disturbi ad essa associati (stipsidiverticolosi), favorisce il mantenimento di un pH intestinale che riduce la crescita della flora batterica intestinale nociva, la cui attività è fonte di metaboliti associati allo sviluppo dei tumori di colon e retto; parallelamente a ciò, aumenta la crescita della flora batterica intestinale benefica (effetto prebiotico), con effetti protettivi nei confronti della mucosa dell’intestino.

Inoltre, l’introduzione di fibra con gli alimenti è stata anche messa in relazione al controllo del peso e dell´obesità e non avendo valore calorico, riduce l’indice glicemico dei carboidrati.

Ovviamente come in tutte le cose, non bisogna esagerare. Esagerare con l’apporto di fibra alimentare può essere pericoloso; troppa fibra, infatti, apporta un eccesso di acido fitico, una sostanza che ostacola l’assorbimento di alcuni minerali, tra cui il calcio, il selenio, il ferro e lo zinco.

Negli adulti viene consigliato di consumare almeno 25 g al giorno di fibra alimentare anche in casi di rapporti energetici inferiori alle 2000 Kcal/die.

Dott.ssa Nicolí Mariagrazia – Biologa Nutrizionista

 

BIBLIOGRAFIA

  • Fibra alimentare, enciclopedia britannica
  • Paolo Cabras, Aldo Martelli. Chimica degli alimenti. PICCIN, 2004
  • Giuseppe Arienti. Le basi molecolari della nutrizione. PICCIN, 2003
  • Paolo Cabras, Aldo Martelli. Terapia medica ragionata. PICCIN, 2002

Cosa si intende per alimenti funzionali naturali?

Molto spesso sentiamo parlare di alimenti funzionali. Ma cosa si intende per alimento funzionale?

Gli alimenti funzionali sono alimenti che oltre ad avere proprietà nutrizionali basiche, dimostrano proprietà benefiche e protettive per l’organismo e pertanto è bene inserirli nell’alimentazione quotidiana in maniera equilibrata.

Nel 1999 sul British Journal of Nutrition alcuni studiosi hanno affermato che:

Un alimento può essere considerato ‘funzionale’, se è sufficientemente dimostrata la sua influenza benefica su una o più funzioni del corpo, oltre ad effetti nutrizionali adeguati, tanto da risultare rilevante per uno stato di benessere e di salute o per la riduzione del rischio di una malattia. 

Gli effetti benefici potrebbero consistere sia nel mantenimento che nella promozione di uno stato di benessere o salute e/o in una riduzione del rischio di un processo patologico o di una malattia“.

Rispetto agli alimenti tradizionali infatti, questo tipo di alimenti contengono componenti fondamentali in grado di avere effetti del tutto positivi.

Vanno però distinti (e non confusi) dagli alimenti supplementari e/o fortificati e da quelli definiti dietetici che non sono destinati a soggetti sani ma a persone con particolari patologie sotto indicazione medica specifica.

Nel 1991 inoltre, il Ministero della Salute e del Welfare giapponese ha stabilito i criteri per l’identificazione e approvazione di una specifica categoria di alimenti, chiamata FOSHU (Food for Specified Health Uses) regolamentandone anche l’etichettatura nutrizionale. 

In Giappone gli alimenti funzionali tradizionali sono considerati come una categoria separata di alimenti, in Europa invece, quando si parla di alimento funzionale significa aggiungere funzionalità a un prodotto tradizionale già esistente in quanto manca una legislazione specifica su questa categoria di alimenti e sulla sua etichettatura.

Sono state individuate due categorie di alimenti funzionali:

  • Tipo A: alimenti che migliorano una specifica funzione fisiologica al di là del loro specifico ruolo nella crescita corporea e nello sviluppo e non hanno funzioni in malattie o stati patologici;
  • Tipo B: alimenti che riducono il rischio di una malattia.

Tra i vari alimenti funzionali possiamo ricordare la frutta secca come ad esempio le noci. Esse sono ricche di acidi grassi insaturi e contribuiscono così al mantenimento di livelli normali di colesterolo nel sangue. Infatti, in 100 g di noci ci sono circa 60 g di acidi grassi insaturi.

Secondo i LARN, il quantitativo raccomandabile giornaliero di frutta secca è pari a 30 g.

La combinazione tra noci e yogurt in questo caso può rivelarsi un’ottima alternativa per una buona colazione in un regime dietetico vario in quanto prevede l’unione di probiotici (microrganismi vivi con impatto benefico sull’ospite tramite una azione benefica sul tratto intestinale) ed acidi grassi insaturi, nutrienti fondamentali per una corretta alimentazione.

Dott.ssa Nicolì Mariagrazia – Biologa Nutrizionista

 

BIBLIOGRAFIA

  • Diplock A.T. et al: Scientific concepts of functional foods in Europe: Consensus Document, British Journal of Nutrition 1999
  • Nutsforlife edizioni, Buccella Francesca
  • Alimento funzionale su Enciclopedia Britannica
  • Sinu.it

 

L’importanza degli spuntini nell’alimentazione quotidiana, una revisione italiana

Un team di esperti italiani, con il coordinamento della Nutrition Foundation of Italy, ha recentemente pubblicato, sulla prestigiosa rivista scientifica Journal of Food Science and Nutrition, una revisione dal titolo “Snacking in nutrition and health”, ottenuta tramite l’analisi della letteratura scientifica pubblicata in tutto il mondo.

Può sembrare un ossimoro dato che nel nostro paese lo “spizzicare” viene visto come l’abitudine scorretta del mangiare fuori pasto, in maniera non programmata, non controllata e senza avere appetito, in quest’ottica risulta difficile associarlo ad uno stile di vita sano ed una dieta bilanciata.

In realtà il termine anglosassone “snacking” viene impiegato per indicare gli spuntini di metà mattina e metà pomeriggio che ben si differenziano dal mangiare casualmente fuori pasto in quanto hanno un ruolo ed una collocazione temporale ben precisi all’interno della dieta e devono rispondere ad esigenze nutrizionali specifiche.

Esiste una moltitudine di evidenze scientifiche a sostegno del fatto che frazionare la distribuzione giornaliera di energia e l’apporto di nutrienti in 4-5 occasioni, rispetto a concentrarli nei soli 3 pasti principali, abbia un impatto positivo sulla qualità complessiva della dieta e sul metabolismo:

  • Il consumo di uno spuntino a metà mattina e/o a metà pomeriggio evita il sovraccarico digestivo e metabolico,

  • Migliora il controllo dell’assunzione calorica nei pasti principali contribuendo al controllo del peso corporeo, ecco perché questi due pasti prendono generalmente il nome di “spezza-fame”. Il consumo di un piccolo snack fra un pasto e l’altro permette di arrivare al pasto principale meno affamati e, di conseguenza, favorisce una scelta più ponderata della qualità e della quantità del cibo che si mette nel piatto ai pasti principali,

  • Frazionare i nutrienti in diverse occasioni aiuta a ridurre il carico glicemico complessivo dei pasti e permette di mantenere costante la concentrazione di glucosio circolante, evitando l’insorgenza di cali e picchi glicemici e mantenendo bassi i livelli di insulina,

  • Per chi svolge un’attività fisica intensa lo spezza-fame aiuta a ripristinare le riserve di glicogeno e mantenere integro il tessuto muscolare,

  • La lipolisi (ovvero il consumo di trigliceridi) viene maggiormente attivata.

Ovviamente il fuori pasto non deve prescindere da una corretta alimentazione generale e non deve andare ad aggiungere ulteriori calorie all’introito giornaliero. Gli spuntini devono entrare a fare parte in maniera bilanciata della dieta quotidiana: sostanzialmente la qualità e la quantità degli alimenti consumati durante colazione, pranzo e cena dovrebbero guidare la scelta della merenda che meglio si adatti alle abitudini e alle esigenze.

In linea generale lo spuntino di metà mattina dovrebbe rappresentare circa il 5-8% dell’introito calorico giornaliero mentre quello di metà pomeriggio, dato che il tempo che intercorre fra il pranzo e la cena è generalmente superiore rispetto a quello che passa fra la colazione e il pranzo, dovrebbe essere un po’ più articolato e rappresentare circa il 7-10% delle calorie totali giornaliere.

Gli spuntini acquisiscono un ruolo differente durante le diverse fasi della vita:

  • In età pediatrica l’inserimento di due spuntini durante la giornata serve a migliorare l’indice qualitativo dell’alimentazione e insegna ai bambini fin dalla più giovane età ad acquisire corrette abitudini alimentari,

  • In età adulta invece lo spuntino aiuta la regolazione del senso di fame e di conseguenza favorisce il bilanciamento della secrezione ormonale oltre che il controllo della glicemia, del peso corporeo e del profilo lipidico,

  • Per gli anziani gli spuntini servono come aiuto per il completamento della dieta. Lo stato di malnutrizione nelle persone anziane è piuttosto comune ed è in gran parte imputabile alle scelte alimentari che, con l’avanzare dell’età, diventano sempre più limitate e, allo stesso tempo, complesse influenzate sia da fattori biologici e ambientali che sociali e psicologici.

Ma che caratteristiche deve avere uno spezza-fame per avere un impatto positivo sull’alimentazione?

Ovviamente non tutti gli snack sono adatti ad un regime alimentare sano, la maggior parte degli snack confezionati che si trovano in commercio ad esempio sono ricchi di additivi, zuccheri, sale e grassi saturi o idrogenati al solo scopo di risultare più appetibili per questioni di gusto e di consistenza. Se è vero che lo spuntino può svolgere anche il ruolo di “comfort food” (ovvero un cibo che appaga sia dal un punto di vista del gusto che della psiche) è anche vero che deve sempre essere rispettato il bilancio quotidiano di energia e nutrienti, questo significa che gli spuntini devono essere studiati e calibrati tenendo in considerazione età, sesso, stile di vita e livello di attività fisica del singolo soggetto.

Di seguito alcuni alimenti che potrebbero entrare a far parte di uno spuntino bilanciato, che favorisce il senso di sazietà e ci gratifica troviamo:

  • Frutta secca e disidratata, ad esempio prugne disidratate, che aiutano a mantenere lo stato di sazietà e hanno un basso indice glicemico;

  • Latticini, come lo yogurt al naturale o un formaggio magro, o comunque un cibo proteico;

  • Frutta e verdura, fonte di vitamine, minerali e fibre;

  • Prodotti da forno privi di grassi saturi o idrogenati, i prodotti cerealicoli andrebbero preferiti con un contenuto pari al 50% di cereali integrali.

Come bevanda di accompagnamento è meglio preferire sempre l’acqua: il mantenimento dello stato di idratazione durante la giornata e fondamentale per permettere a tutto l’organismo di funzionare correttamente.

In conclusione: è riconosciuto a livello internazionale che suddividere le calorie e i nutrienti giornalieri in 4-5 momenti, piuttosto che concentrare tutto nei 3 pasti principali, sia vantaggioso dal punto di vista metabolico. Fondamentale per evitare di incorrere in eccessi è rispettare sempre la collocazione temporale degli spuntini, limitandosi a metà mattina e metà pomeriggio, controllare il contenuto energetico e la composizione degli alimenti che si sceglie di consumare e adattarli alle proprie esigenze.

Fonti e approfondimenti:

Franca Marangoni, Daniela Martini, Silvia Scaglioni, Michele Sculati, Lorenzo Maria Donini, Francesco Leonardi, Carlo Agostoni, Gianluca Castelnuovo, Nicola Ferrara, Andrea Ghiselli, Michelangelo Giampietro, Claudio Maffeis, Marisa Porrini, Bianca Barbi & Andrea Poli (2019) Snacking in nutrition and health, International Journal of Food Sciences and Nutrition, DOI: 10.1080/09637486.2019.1595543

http://www.nutrition-foundation.it/apb-alimentazione–prevenzione-benessere-n-4—2019.aspx

L’importanza di preferire una corretta alimentazione prima di ricorrere ai farmaci

Mangiare bene e seguire una dieta corretta rappresentano dei punti cardine per vivere meglio e affrontare le giornate con la giusta carica ed energia.

Nutrirsi in maniera consapevole e giusta permette al nostro organismo di funzionare correttamente evitando carenze di macronutrienti e micronutrienti fondamentali.

Fa che il cibo sia la tua medicina e che la tua medicina sia il cibo” frase celebre di Ippocrate ma che in sé racchiude tutto il significato della scelta di un´alimentazione equilibrata.

Spesso si sottovaluta quanto il cibo possa influenzare il nostro corpo e l´insorgenza di malattie o fastidi legati all’alimentazione.

Si tende sempre più a porre attenzione all’aspetto quantitativo del cibo, le calorie, piuttosto che la qualità ed il corretto abbinamento tra gli alimenti.

Le proprietà dei nutrienti sono così tante da stimolare una vera e propria ricerca per scoprire quali sostanze siano in grado di avere proprietà farmaceutiche, la cosiddetta nutraceutica. Una cattiva dieta e una costante introduzione di alimenti spazzatura e poco nutrienti possono portare con il tempo a disturbi come diabete, ipercolesterolemia, ipertensione e conseguentemente l´uso di farmaci.

Non esiste una dieta uguale per tutti ma esistono linee guida generali che possono aiutare nella selezione degli alimenti e del giusto nutrimento.

È importante consumare verdura e frutta di stagione, fresca e possibilmente di produzione locale, cereali integrali, oli vegetali, legumi, semi oleosi e frutta secca.

In particolare riguardo all’introduzione di quest´ultimo alimento, la frutta secca, è stato condotto uno studio Usa pubblicato on line dal New England Journal of Medicine, a conclusione di un´osservazione di lungo periodo su due delle più grandi coorti americane, la Nurses´Health Study e la Health Professionals Follow-up Study, la quale ha dimostrato che basta un pugno (30 g circa) di frutta secca al giorno per stare meglio.

Quello che è apparso evidente ai ricercatori è che non vi era un tipo di frutta secca che mostrava maggiori vantaggi rispetto a un altro: l’effetto protettivo non è stato infatti determinabile e sia noci che mandorle, nocciole, anacardi, noci del Brasile, noci macadamia, noci pecan, pistacchi, arachidi e pinoli hanno mostrato tutti di avere più o meno le stesse proprietà benefiche.

L’aumento del consumo di frutta secca beneficia di un minor rischio di insorgenza di malattie come quelle cardiache, ma anche del diabete mellito di tipo 2, stress ossidativo, infiammazione, tumore al colon, calcoli biliari e diverticolosi.

Ma non è finita qui, il rapporto pubblicato sul New England Journal of Medicine, sottolinea un’altra buona notizia: chi ha consumato regolarmente frutta secca è risultato essere in forma con il peso rispetto a chi non ne ha mangiato.

I grassi contenuti nella frutta secca sono insaturi quindi non danneggiano la salute, sono ottimi contro il colesterolo cattivo (LDL) e contengono gli Omega 3.

In 100 g di noci ad esempio, troviamo 9,2 g di omega 3, ottimi per contribuire al mantenimento della normale funzione cardiaca e cerebrale, dei normali livelli di trigliceridi, alla normale capacità visiva e pressione del sangue.

La scelta di questi nutrienti quindi, si rivela una scelta vincente ed inoltre può essere anche un ottimo snack, energizzante e nutriente da proporre a soggetti di tutte le età, anche ai bambini in sostituzione a junk food ed in modo da improntare sin da piccoli una buona strada per la corretta scelta dei cibi.

 

Dott.ssa Nicolí Mariagrazia – Biologa Nutrizionista

BIBLIOGRAFIA

  • Estruch R, Ros E, Salas-Salvadó J et al. Primary prevention of cardiovascular disease with a mediterranean diet. New Engl J med 2013
  • Nutsforlife edizioni, Buccella Francesca
  • Repubblica.it

Dieta Mediterranea patrimonio dell’UNESCO

Quando si parla di “corretto regime alimentare” ci si riferisce ad una dieta che assicuri il giusto apporto di tutti i macronutrienti e i micronutrienti essenziali per lo sviluppo, la crescita e il mantenimento dello stato di salute dell’individuo.

In quest’ottica la Dieta Mediterranea meglio definita come “modello alimentare mediterraneo”, ispirato ai modelli alimentari seguiti dai paesi che si affacciano sul Mediterraneo, è sicuramente quanto di più vicino ad un regime alimentare ottimale.

Le prime evidenze scientifiche della validità dei principi della Dieta Mediterranea risalgono agli anni ’50 con lo “Studio dei sette Paesi” promosso da Ancel Keys (1904 – 2004; biologo, fisiologo ed epidemiologo considerato il primo biologo nutrizionista della storia e padre fondatore della scienza dell’alimentazione) che ha coinvolto sette nazioni di quattro regioni della terra (Stati Uniti, Italia, Finlandia, Grecia, Iugoslavia, Paesi Bassi e Giappone) e che ha studiato i rapporti tra stile di vita, dieta, ed insorgenza di malattie cardiache ed ictus. I risultati hanno dimostrato che più ci si allontanava dal regime alimentare tipico dei paesi del mediterraneo maggiore era l’incidenza di patologie cardiovascolari.

Nel 2010 l’UNESCO ha riconosciuto la Dieta Mediterranea comepatrimonio immateriale dell’umanità” riconoscendone la paternità ad Italia, Grecia, Marocco, Cipro, Croazia e Portogallo.

La Dieta Mediterranea rappresenta “un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo”.

È caratterizzata da cereali – soprattutto integrali – frutta fresca, frutta secca, verdura, olio d’oliva e spezie a cui si affianca un modesto consumo di derivati animali: latticini, carne, pesce.

Anche il vino – in particolare quello rosso, ricco di polifenoli – rientra con moderazione nel regime alimentare mediterraneo assieme a te, tisane e infusi che fanno parte delle diverse tradizioni di ogni paese.

L’effetto benefico sulla prevenzione di patologie cronico degenerative associato a questo regime alimentare, in particolare sulle patologie a carico del sistema cardiovascolare, è imputabile alla ricchezza di sostanze come acidi grassi insaturi e polinsaturi (omega-3 e omega-6), fibre e composti ad azione antiossidante caratteristici dei cibi di origine vegetale ed al bilanciamento delle calorie introdotte tra i diversi principi alimentari.

Per “bilanciamento delle calorie” si intende la ripartizione ottimale delle calorie assunte giornalmente tra i diversi nutrienti: in un regime alimentare ottimale le proteine devono rappresentare il 10-15% delle calorie introdotte giornalmente, i carboidrati il 55-60% mentre i grassi il 25-30%.

Il CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) ha rilasciato un insieme di Linee Guida pratiche, ispirate ai principi della Dieta Mediterranea, per seguire un regime alimentare sano:

  • Consumare quotidianamente almeno 5 porzioni di frutta fresca e verdura e circa 30 g di frutta secca oleosa, secondo quanto indicato dai LARN (Standard delle Porzioni);
  • Ridurre il consumo di grassi saturi, in cui rientrano non solo burro e grassi animali ma anche l’olio di palma. Importante è la sostituzione nella dieta dei grassi saturi con grassi insaturi, come l’olio d’oliva o gli olii di semi preferibilmente utilizzati a crudo, che è in grado di favorire la normalizzazione dei livelli di colesterolo nel sangue contribuendo alla prevenzione di patologie a carico del sistema cardiocircolatorio;
  • Cercare di introdurre la maggior parte delle calorie giornaliere (circa il 50-60%) attraverso il consumo di carboidrati complessi fra cui cereali (farro, orzo, segale, ecc.), pasta, pane e riso preferibilmente integrali. I cereali integrali sono un’ottima fonte di fibre rispetto a quelli prodotti attraverso l’impiego di farina raffinata;
  • Favorire il consumo di proteine vegetali, come ad esempio i legumi, creando combinazioni che permettano l’assunzione di tutti gli amminoacidi essenziali. Il consumo di proteine animali andrebbe limitato;
  • Quando si consumano prodotti di origine animale sarebbe meglio scegliere il pesce e le carni bianche e limitare invece il consumo di carne rossa, insaccati e latticini (soprattutto quelli particolarmente grassi). Il consumo di questi ultimi andrebbe ridotto ad un massimo di 2 volte a settimana;
  • Ridurre il consumo di zucchero e prodotti addizionati di zuccheri semplici (merendine confezionate, dolciumi, caramelle, biscotti confezionati, ecc.);
  • Ridurre il consumo di sale, seguendo gli accorgimenti forniti dal Ministero della Salute;
  • Bere molta acqua (1 litro e mezzo al giorno) e limitare invece l’apporto di bibite in lattina e, soprattutto, di bevande alcoliche;
  • Variare molto le proprie scelte alimentari ogni giorno.

Per veicolare in modo facile ed intuitivo i principi della Dieta Mediterranea nel 1992 è stata ideata la Piramide Alimentare.  In tempi più recenti (2005) la piramide ha subito una sostanziale revisione dovuta sia ai cambiamenti dello stile di vita e delle abitudini della popolazione che alle nuove scoperte scientifiche in ambito alimentare:

  • I cereali raffinati (pasta, pane bianco, patate) sono stati spostati dalla base alla cima della piramide, tra gli alimenti da consumare con moderazione.  L’attenzione infatti si è spostata dal livello di complessità dei carboidrati alla loro capacità di incrementare più o meno velocemente la glicemia nel sangue. I cereali integrali hanno un impatto glicemico minore rispetto a quelli raffinati e sono da preferire.
  • Anche i lipidi hanno subito una modifica: infatti mentre all’apice sono stati lasciati solo i grassi di origine animale come consumo saltuario, i grassi vegetali (come l’olio d’oliva) sono stati spostati alla base come consumo quotidiano.

Fra i pilastri della dieta mediterranea, che si troverebbero idealmente alla base della piramide alimentare, ci sono anche aspetti che esulano dall’alimentazione vera e propria e che completano il quadro del regime alimentare perfetto:

  • Il piacere e la convivialità dei pasti: riscoprire il piacere di cucinare e, quando possibile, condividere i propri pasti contribuisce al benessere della persona,
  • La stagionalità dei prodotti: scegliere per ogni stagione i prodotti più adatti e ricchi di nutrienti,
  • Tenere sotto controllo il peso,
  • Ricordarsi sempre di associare ad una sana alimentazione anche attività fisica quotidiana: non è necessario esagerare, basta anche mezz’ora di attività aerobica moderata, come camminare, nuotare a rana o dorso o andare in bicicletta.

Bisogna sempre ricordare che: un sano stile di vita è nutrimento di benessere e longevità.

 

Fonti e approfondimenti:

G. Liguri; Nutrizione e dietologia – Aspetti clinici dell’alimentazione; Zanichelli

http://www.lascuoladiancel.it/ancel-keys/

http://www.nucisitalia.it/dieta-mediterranea/

https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/alimentazione/dieta-mediterranea-una-piramide-di-salute

 

Proteine vegetali VS proteine animali

Uno dei macronutrienti fondamentali nella dieta di ognuno è rappresentato dalle proteine.

Le proteine, chimicamente parlando, sono formate da 20 amminoacidi combinati tra di loro. Hanno funzioni di vitale importanza all’interno del nostro corpo: catalizzano reazioni metaboliche, replicano il DNA, rispondono agli stimoli e trasportano molecole.

Le proteine devono essere introdotte nella dieta di ognuno, in quanto il nostro corpo non è in grado di sintetizzare tutti gli amminoacidi necessari (amminoacidi essenziali) che pertanto devono essere introdotti tramite gli alimenti. Attraverso la digestione infatti, le proteine vengono scisse in amminoacidi liberi, successivamente impiegati nella creazione di nuove proteine strutturali, enzimi, ormoni o fonte di energia.

Le proteine introdotte con la dieta posso essere classificate in proteine animali e proteine vegetali, la cui differenza principale risiede nel loro valore biologico.

Il valore biologico è un parametro di valutazione delle proteine introdotte nell’organismo con l’alimentazione. Questo indice si riferisce alla quantità, alla qualità ed al rapporto reciproco degli amminoacidi essenziali presenti nei peptidi alimentari.

Le proteine animali si trovano normalmente in alimenti come carne, uova, pesce e latticini. Hanno un alto valore biologico, sono di alta qualità poiché contengono tutti gli amminoacidi essenziali nella giusta quantità ma molto spesso sono soggette a critiche. A tal proposito una valida alternativa può essere rappresentata dalle proteine vegetali contenute normalmente in alimenti come legumi, cereali, frutta secca e semi. Anche se queste proteine hanno un più basso valore biologico in quanto sono carenti di uno o più amminoacidi essenziali, con i giusti abbinamenti tra loro possono risolvere tale problematica. Si parla in questo caso di complementazione proteica.

Tra le diverse fonti vegetali i semi di canapa sono una buona fonte di proteine. Essi contengono infatti tutti gli amminoacidi essenziali necessari alla sintesi delle proteine. I semi di canapa sono considerati un alimento completo dal punto di vista proteico. Gli 8 amminoacidi essenziali che essi contengono sono: leucina, isoleucina, fenilalanina, lisina, metionina, treonina, triptofano e valina. Contengono circa 6 grammi di proteine ogni 30 grammi di prodotto.

La stessa importanza hanno anche le mandorle, le quali tra la frutta secca, si distinguono per il loro elevato contenuto di proteine. 100 grammi di mandorle sgusciate possono contenere infatti fino a 20 grammi di proteine. Le mandorle possono costituire un ottimo spuntino spezza-fame in sostituzione dei comuni snack confezionati.

È tuttavia importante che la dieta preveda il consumo di una vasta classe di alimenti di origine vegetale e anche di qualche alimento animale introducendo così tutti i nutrienti fondamentali al nostro organismo.

 

Dott.ssa Nicolí Mariagrazia – Biologa Nutrizionista

 

BIBLIOGRAFIA

  1. ^Donald Voet, Judith G. Voet; Charlotte W. Pratt, Fundamentals of Biochemistry: Life at the Molecular Level, John Wiley & Sons, 1º aprile 2008
  2. https://www.airc.it/
  3. http://www.dietabit.it/

Il cambio di stagione: aiuti e rimedi

Il cambio di stagione vuol dire cambiamento: le giornate, il tempo, l’umore e persino l’alimentazione.

Tutti questi cambiamenti spesso rappresentano uno “stress” in quanto conducono ad una modifica dei ritmi giorno/notte. La luce ed il buio infatti, sono in grado di attivare neurotrasmettitori capaci di influenzare corpo e mente. In particolare in inverno le giornate sono più corte ed il nostro organismo produce una quantità maggiore di melatonina, ormone del sonno. In primavera invece, con l´aumento della luce, viene prodotta più serotonina, ormone della felicità.

Con l´arrivo della primavera, spesso si percepisce un aumento di stanchezza, apatia, difficoltà di concentrazione, sbalzi di umore e problemi digestivi (il cosiddetto mal di primavera). Secondo una indagine realizzata dall’osservatorio Doxa-AIDEPI, sono ben 35 milioni le persone tra i 18 e i 70 anni che accusano, tanto dal punto di vista fisico quanto psicologico, il cambio di stagione. Il 64% degli italiani avverte un maggiore senso di stanchezza mentre il 52% accusa una certa spossatezza.

Molto comuni anche i disturbi legati al sonno tanto che, il 38% degli intervistati, ha problemi di insonnia. I più giovani (under 24) tendono a soffrire di più di irritabilità (40%) e malumore (37%) rispetto al resto degli italiani. E che dire dell’ansia? È un sentimento che interessa soprattutto le donne nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni (29%)

Per questo è fondamentale seguire una corretta alimentazione in base alla stagione prediligendo i giusti alimenti per ognuna. Uno dei pasti fondamentali, se non il più importante, per fornire la giusta carica ed energia ed affrontare la giornata ed il cambio stagionale con più grinta ed energia è senz’altro la colazione. Deve coprire almeno il 20-25% delle calorie complessive giornaliere.

Alcuni alimenti funzionali per una corretta colazione si rivelano i semi oleosi come i semi di chia, i semi di girasole ed i semi di canapa.

Rappresentano una buona fonte di fibre, minerali, acidi grassi essenziali, enzimi, antiossidanti e proteine. In particolare sono ricchi di minerali quali il ferro ed il manganese che contribuiscono a dare la giusta ricarica mattutina. Per 100 g di semi di canapa ad esempio, troviamo 7,2 mg di manganese, ottimo minerale per il mantenimento del normale funzionamento metabolico energetico e 11 mg di ferro, microelemento in grado di fornire un aiuto nella riduzione di fenomeni derivanti da eccessivo impegno metabolico quali stanchezza e affaticamento, partecipando contemporaneamente al sostegno della funzione cognitiva.

Questi semi hanno un valore nutritivo importante e possono essere aggiunti alle ricette della colazione (nello yogurt, sul pane caldo, nei cereali) senza modificarne il sapore e nello stesso tempo potenziando il profilo nutrizionale di inizio giornata.

A completare il tutto, per un´ottima colazione si rivela anche lo zenzero, un vero e proprio toccasana per il nostro corpo.

A tal proposito 100 g di polvere di zenzero contiene ben 25 mg di ferro e ben 28 mg di manganese oltre che rappresentare anche un ottimo alimento carminativo ed usato frequentemente per dispepsia e coliche.

Quindi cosa c’è di meglio con l`inizio della bella stagione di una buona tazza di yogurt fresco con una manciata di semi oleosi, polvere di zenzero e tè verde per iniziare la giornata in piena energia e ricarica?

La colazione è fondamentale e merita di essere caratterizzata dalla scelta dei giusti alimenti funzionali.

 

Dott.ssa Nicolí Mariagrazia – Biologa Nutrizionista

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Vohora, S.B. and Dandiya, P.C., 1992. Herbal analgesic drugs. Fitoterapia
  2. Nutsforlife edizioni, Buccella Francesca

Cosmofarma 2019: Regenera, i nuovi alimenti funzionali

Euro Company ha scelto l’edizione 2019 del Cosmofarma, tenutasi a Bologna dal 12 al 14 aprile, per presentare in anteprima la sua nuova linea di alimenti funzionali 100% naturali: “Regenera”.

Il concetto che sta alla base di ogni alimento funzionale è la sinergia tra due aspetti fondamentali della vita dell’essere umano: la salute e l’alimentazione.

Coniato in Giappone negli anni ’80, il termine “alimenti funzionaliindica tutti quei cibi che, attraverso prove scientifiche, dimostrano di avere proprietà benefiche specifiche per l’organismo. In sostanza sono alimenti naturalmente ricchi di molecole protettive, che svolgono un’azione positiva su una o più funzioni fisiologiche, contribuendo così allo stato di benessere dell’organismo e a ridurre il rischio d’insorgenza di patologie correlate al regime alimentare. 

Così gli alimenti funzionali svolgono una funzione preventiva sulla salute come la riduzione del rischio di malattie degenerative o il rafforzamento delle difese immunitarie.

La European Commission Concerted Action on Functional Food Science in Europe (FUFOSE) definisce così gli alimenti funzionali:

un alimento può essere considerato funzionale se dimostra di avere un effetto benefico su una o più specifiche funzioni dell’organismo, al di là degli effetti nutrizionali, che migliori lo stato di salute e di benessere e/o che riduca il rischio di malattie.”

Di seguito elencate le 6 caratteristiche fondamentali che un alimento deve avere per poter entrare a far parte di questa categoria di prodotti:

  1. essere un alimento convenzionale o di uso quotidiano;
  2. essere consumato come parte della dieta abituale;
  3. dover contenere componenti naturali generalmente assenti o presenti in basse concentrazioni in altri alimenti;
  4. avere un effetto positivo su particolari funzioni nell’organismo al di fuori del valore nutritivo o della nutrizione di base;
  5. essere in grado di migliorare lo stato di benessere e della salute, e/o ridurre il rischio di malattie o fornire effetti benefici sulla salute così da migliorare la qualità di vita, incluso le performance fisiche, psicologiche e comportamentali;
  6. avere credito scientifico.

Cosmofarma è l’evento di riferimento per tutti gli operatori del settore farmaceutico, alla ricerca delle ultime novità per quanto riguarda i prodotti e i servizi per la salute, il benessere e la bellezza in farmacia.

Regenera”, che sarà quindi disponibile solo in farmacia, parafarmacia ed erboristeria, propone una linea di alimenti da inserire nella propria dieta quotidiana con funzioni specifiche per favorire la concentrazione e la funzione psicologica, per sopportare al meglio gli sforzi muscolari e contro il senso di affaticamento, ma anche per il mantenimento dei capelli e per la regolazione dei livelli di colesterolo nel sangue.